venerdì 6 ottobre 2017

Manifesto di Venezia. Per una informazione paritaria

Riportiamo di seguito il testo del Manifesto di Venezia, varato in vista del prossimo 25 Novembre; invitando ad aderire, e dando anche un suggerimento: per una corretta informazione cambiamo [anche] immagini! basta lividi per favore.
nb: l'immagine sopra è uno screenshot (da noi corretto con la frase sulla foto) della notizia sul sito della Federazione Giornalisti; che però (purtroppo) riporta l'ennesima foto di donna terrorizzata (o piena di lividi).

La violenza di genere è una violazione dei diritti umani tra le più diffuse al mondo: lo dichiara la Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2011 e recepita dall’Italia nel 2013, che condanna «ogni forma di violenza sulle donne e la violenza domestica» e riconosce come il raggiungimento dell’uguaglianza sia un elemento chiave per prevenire la violenza. 

Sistematica, trasversale, specifica, culturalmente radicata, un fenomeno endemico: i dati lo confermano in ogni Paese, Italia compresa. La violenza di genere non è un problema delle donne e non solo alle donne spetta occuparsene, discuterne, trovare soluzioni. Un paese minato da una continua e persistente violazione dei diritti umani non può considerarsi “civile”. 
Impegno comune deve essere eliminare ogni radice culturale fonte di disparità, stereotipi e pregiudizi che, direttamente e indirettamente, producono un’asimmetria di genere nel godimento dei diritti reali. 
La Convenzione di Istanbul, insiste su prevenzione ed educazione. Chiarisce quanto l’elemento culturale sia fondamentale e assegna all’informazione un ruolo specifico richiamandola alle proprie responsabilità (art.17). Il diritto di cronaca non può trasformarsi in un abuso. “Ogni giornalista è tenuto al rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Non deve cadere in morbose descrizioni o indulgere in dettagli superflui, violando norme deontologiche e trasformando l’informazione in sensazionalismo. 

Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto, ci impegniamo per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per un profondo cambiamento culturale della società e per il raggiungimento di una reale parità. Riteniamo prioritario: 
1. inserire nella formazione deontologica obbligatoria quella sul linguaggio appropriato anche nei casi di violenza sulle donne e i minori; 
2. adottare un comportamento professionale consapevole per evitare stereotipi di genere e assicurare massima attenzione alla terminologia, ai contenuti e alle immagini divulgate; 
3. adottare un linguaggio declinato al femminile per i ruoli professionali e le cariche istituzionali ricoperti dalle donne e riconoscerle nella loro dimensione professionale, sociale, culturale; 
4. attuare la “par condicio di genere” nei talk show e nei programmi di informazione, ampliando quanto già raccomandato dall’Agcom; 
5. utilizzare il termine specifico “femminicidio” per i delitti compiuti sulle donne in quanto donne e superare la vecchia cultura della “sottovalutazione della violenza”: fisica, psicologica, economica, giuridica, culturale; 
6. sottrarsi a ogni tipo di strumentalizzazione per evitare che ci siano “violenze di serie A e di serie B” in relazione a chi sia la vittima e chi il carnefice; 
7. illuminare tutti i casi di violenza, anche i più trascurati come quelli nei confronti di prostitute e transessuali, utilizzando il corretto linguaggio di genere come raccomandato dalla comunità LGBT; 
8. mettere in risalto le storie positive di donne che hanno avuto il coraggio di sottrarsi alla violenza e dare la parola anche a chi opera a loro sostegno
9. evitare ogni forma di sfruttamento a fini commerciali (più copie, più clic, maggiori ascolti) della violenza sulle le donne; 
10. nel più generale obbligo di un uso corretto e consapevole del linguaggio:
a) evitare espressioni che anche involontariamente risultino irrispettose, denigratorie, lesive o svalutative dell’identità e della dignità femminili;
b) evitare termini fuorvianti come “amore” “raptus” “follia” “gelosia” “passione” accostati a crimini dettati dalla volontà di possesso e annientamento;
c) evitare l’uso di immagini e segni stereotipati o che riducano la donna a mero richiamo sessuale” o “oggetto del desiderio” (e immagini piene di lividi, per favore, ndr);
d) evitare di suggerire attenuanti e giustificazioni all’omicida, anche involontariamente, motivando la violenza con “perdita del lavoro”, “difficoltà economiche”, “depressione”, “tradimento” e così via.
d) evitare di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece dalla vittima nel rispetto della sua persona. 
Aderite scrivendo a: cpo.fnsi@gmail.com • Prime adesioni da:
Sindacato Giornalisti Veneto, Commissione Pari Opportunità FNSI, Commissione Pari Opportunità Usigrai, GiULiA Giornaliste, Sindacato Unitario Giornalisti della Campania, Associazione Stampa Friuli Venezia Giulia, Associazione Ligure dei Giornalisti, Associazione Stampa Subalpina, Associazione della Stampa di Basilicata, Associazione della Stampa Sarda, Associazione Stampa Toscana, Associazione Stampa Emilia Romagna Giovanna Pastega, Alessandra Addari, Domenico Affinito, Antonella Alba, Michele Albanese, Alida Amico, Raffaella Ammirati, Rosa Amorevole, Monica Andolfatto (segretaria Sindacato giornalisti Veneto), Federica Angeli, Flavio Bacchetta, Giannetto Baldi, Ida Baldi,Alessandra Ballerini, Roberta Balzotti (coordinatrice Cpo Usigrai), Emmanuela Banfo, Antonella Benanzato, Serena Bersani (segretaria Assostampa Emilia Romagna), Laura Berti, Daniela Binello, Marino Bisso, Paolo Borrometi, Sandra Bortolin, Stefano Buda, Paolo Butturini, Laura Calfapietra, Mimma Caligaris, Stefanella Campana, Valerio Cataldi, Roberta Celot, Gegia Celotti, Mara Cinquepalmi, Carmina Conte, Marina Cosi (presidente GiULiA Giornaliste), Iolanda Corradino, Stefano Corradino, Danilo Cretara, Riccardo Cristiano, Beatrice Curci, Emma D’Aquino, Graziella Di Mambro, Vittorio Di Trapani (segretario Usigrai), Lorenzo Dolce, Poljanka Dolhar, Luciana Esposito, Roberta Ferri, Tiziana Ferrario, Annamaria Ferretti, Vittorio Fiorito, Silvia Garambois, Annamaria Ghedina, Piergiorgio Giacovazzo, Benoit Girod (presidente Assostampa valdostana), Giuseppe Giulietti (presidente Fnsi), Desirée Klain, Maria Teresa Laudando, Rosa Leanza, Maria Lepri, Cristina Liguori, Natalia Lombardo, Gianpaolo Longo, Raffaele Lorusso (segretario Fnsi), Ivano Maiorella, Paolo Mainiero, Alessandra Mancuso (presidente Cpo Fnsi), Pina Manente, Maria Teresa Manuelli, Giuseppe Manzo, Marco Marincic, Elisa Marincola (potavoce Art 21), Alessandro Martegani (segretario Assostampa FVG), Giuseppe Martellotta (segretario Assostampa Puglia), Fabiana Martini, Enza Massaro, Marilù Mastrogiovanni, Roberto Mastroianni, Rossella Matarrese, Rita Mattei, Marco Mele, Andrea Melodia, Gioia Meloni, Carla Monaco, Nadia Monetti, Mattia Motta, Carlo Muscatello (presidente Assostampa FVG), Antonella Napoli, Silvia Neonato, Enzo Nucci, Gian Mario Nucci, Fabiola Paterniti, Patrizia Pennella, Giovanna Pezzuoli, Monica Pietrangeli, Salvatore Andrea Porcu, Ivo Prandin, Silvia Resta, Andrea Riscassi, Giovanni Romano, Susi Ronchi, Massimiliano Saggese, Silvia Savi, Anna Scalfati, Barbara Scaramucci (presidente Art 21), Roberto Secci, Roberta Serdoz, Luisella Seveso, Claudio Silvestri (segretario Sindacato giornalisti Campania), Danilo Sinibaldi, Raffaella Soleri, Paola Spadari, Claudia Stamerra, Francesco Strippoli, Loredana Taddei (responsabile politiche di genere Cgil), Michela Trevisan, Carlo Verna, Enrico Veronese, Sara Verta, Laura Viggiano, Francesca Visentin, Arianna Voto, Maria Zagarelli, Luciana Zenobio, Susanna Zirizotti 








1 commento:

  1. essere oggetto di desiderio non è degradante nei giusti contesti succede a donne e uomini ma un articolo sul femminicidio non è il contesto giusto

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