martedì 25 novembre 2014

L' Africa, la violenza, io.

 mio figlio e madre terra
Sono stata in Africa. L’Africa è nostalgia di te. E’ una madre che è terra rossa, arida, secca. 
Puoi percorrere chilometri per ore senza incontrare un’auto, un essere umano. lungo una strada sterrata che sembra un’infinita rotaia verso l’orizzonte, e intorno solo rocce, sabbia, arbusti assetati e qualche animale di passaggio. Che si ferma, ti scruta, riprende il suo percorso nella quiete. 

C’è silenzio in Africa. Lo ascolti, ed è un richiamo. 

E sei in un enorme ventre, un ombelico ti avvicina a sè, come una calamita. 
L’Africa è madre potente. Potente e amorevole: nello svelarti la tua nullità ti restituisce la tua grandezza. 
E’ una terra immensa, che comprende te e un tutto che scopri per la prima volta. 

Perché umiliamo la terra? Forse perché ne abbiamo paura, perché non saremo mai altrettanto grandi, perché la natura, con la sua bellezza, ci deride, lei che è immortale. 
C’è una grande violenza nello sfruttamento continuo della terra, delle sue risorse, dei suoi paesaggi; uno sfruttamento ad uso esclusivo del profitto, che dimentica l’origine, i bisogni dell’esistenza, la reciprocità tra gli esseri umani. Una pratica scellerata che ha prodotto lo sfacelo ambientale a cui assistiamo e che continua a sfruttare milioni di persone producendo povertà e dolore. La stessa violenza che soffoca ogni giorno milioni di donne e di bambine.

Quale la relazione tra l’offesa della terra e l’offesa delle donne?
Forse spaventa la potenza del ventre, dei nostri corpi culle di vita. 
In soggezione perenne, c’è un maschile che arranca nell’apprensione, in una vita che è fuga dal vero, da una bellezza così abbagliante da farsi odiare, nel profondo, e da strappare. Anche se, in ogni strappo, strappa radici di sè.

Eppure un altro modus vivendi, un altro scenario, è possibile. Riconoscendosi, semplicemente.


Occorre ripensare gli equilibri tra esseri umani e tra esseri umani e il pianeta. Esiste un ecofemminismo che si muove verso una nuova direzione, perché ciò che sembra un’utopia si possa in futuro realizzare. Serve il coraggio di sostenerlo, serve ricordarci che le cose cambiano.

Con la sua forza il femminile può trascinare con sé un maschile incerto e resistente, impegnato a non cedere potere. Ma non si tratta di cedere potere. E’ il tempo di comprendere che questo millenario potere non è che fonte di un falso profitto e che nulla ha a che fare con la felicità, nemmeno per il maschile sempre più violento quanto fragile.


Se la soggezione verso il femminile saprà tramutarsi in riconoscenza, se l’inutilità dell’affanno saprà lasciare il posto alla reciprocità, allora troverà respiro l’abbandono, e l’ammirazione darà spazio al rispetto, e il sollievo ucciderà la competizione. 

In uno scenario che è scempio, violenza, guerra, distruzione e autodistruzione, pare inverosimile proporre nuove direzioni
Se la politica e l’economia verranno affidate a donne che fanno proprio il modello maschile, nulla cambierà. 
Ma se sosterremo quelle donne che già oggi sono in grado di “aiutare gli uomini ad evitare la guerra” (cit. Virginia Wolf), una guerra che è violenza contro il pianeta, contro le donne, contro la vita, potremo farcela. 

Dobbiamo provarci, dobbiamo crederci. L’unico percorso verso noi stessi, è quello del ricongiungimento. 

#G20
#25novDonnePianeta 
#25novWomenforPlanet 
#NoPlanetB

1 commento:

  1. OGGI 25 NOVEMBRE...
    Le culture che fondano la loro visione del mondo sulla base delle pratiche sciamaniche ritengono che le parole non siano semplicemente un modo per indicare o imitare la realtà, ma che abbiano intrinsecamente un "potere", quello di creare la realtà.
    Le neuroscienze sostengono che la lingua italiana orientata al neutro maschile causi un danno organico e funzionale al cervello di entrambi i sessi, la lingua non è solamente un codice simbolico di comunicazione, ma uno strumento che trasmette informazioni e comunica significati.

    Oggi è la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, credo si possa chiedere a tutt* coloro che abbiamo vicino di fare uno sforzo e di cominciare ad usare entrambi i generi nella lingua parlata (le donne e gli uomini-i bambini e le bambine-tutte e tutti) e gli asterischi o le barrette nella lingua scritta (Lucia e Marco sono andat*... oppure le donne e gli uomini sono considerate/i). Abituiamoci ad usare parole come "la sindaca", "la presidente", la medichessa".
    Questo non porta ad appesantire la lingua come ritengono tant*, il cervello si abitua in fretta a questa nuova codificazione del linguaggio.

    Chiediamo a tutt* coloro che insegnano, a tutt* le donne e gli uomini che scrivono libri o articoli, a chi si occupa di pubblicità, a chiunque parli in pubblico di creare un linguaggio di pace per creare una società di pace e di smettere di usare un linguaggio neutro maschile orientato alla subordinazione...e naturalmente ri-educhiamo noi stesse e noi stessi, figlie e figli, nipotine e nipotini. Baaaammmmmm!
    Morena Luciani Russo

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