lunedì 27 ottobre 2014

Cara madre. L'ultima lettera di Reyhaneh

Mia dolce madre, cara Sholeh, apprendo oggi che è il mio turno di affrontare la Qisas [o compensazione, legge del taglione iraniana, ndr). 
Mi ferisce non aver saputo da te di essere giunta all'ultima pagina del libro della mia vita. Sai quanto mi vergogno perché sei triste. Perché non mi hai dato la possibilità di baciare la tua mano e quella di papà? Il mondo mi ha concesso di vivere per 19 anni. Avrei dovuto essere uccisa quella orribile notte. Il mio corpo sarebbe stato gettato in qualche angolo della città e dopo qualche giorno la polizia ti avrebbe portato all'obitorio per identificarlo; là avresti saputo che ero anche stata stuprata. L'assassino non sarebbe mai stato trovato, visto che noi non siamo ricchi e potenti come lui. Poi tu avresti continuato la tua vita soffrendo e vergognandoti, qualche anno dopo ne saresti morta, e sarebbe finita così. Ma con quel maledetto colpo la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato in un angolo, ma nella tomba della prigione di Evin e della sua sezione di isolamento. E ora nella prigione-tomba di Shahr-e Ray. 
Ma tu accetta il destino e non lamentarti. Tu sai bene che la morte non è la fine della vita.
Proprio tu mi hai insegnato che si arriva in questo mondo per fare esperienza e imparare qualcosa; e che a ognuno che nasce viene messa una responsabilità sulle spalle.
Ho imparato che a volte bisogna lottare. Mi ricordo quando raccontasti di quel vetturino che si mise a protestare contro l'uomo che mi stava frustando, ma che quello iniziò a frustare anche lui sul capo e sul viso fino ad ammazzarlo. Tu mi hai detto che per creare un valore si deve perseverare, anche se si muore.
Tu ci hai insegnato, quando andavamo a scuola, che si deve essere una signora di fronte a discussioni e lamentele. Ti ricordi quanto notavi il modo in cui ci comportavamo? Ma la tua esperienza si sbagliava. Quando è accaduto questo incidente, quegli insegnamenti non mi hanno aiutato. Comportarmi in modo presentabile in tribunale mi ha fatto apparire come un'assassina a sangue freddo e una spietata criminale. Non ho versato lacrime. Non ho implorato. Non mi sono disperata, ho avuto fiducia nella legge. E sono stata accusata di rimanere indifferente di fronte ad un crimine. 
Tu lo sai, io non uccidevo nemmeno le zanzare, gettavo via anche gli scarafaggi prendendoli per le antenne, e ora sono diventata un'assassina volontaria. Per la mia familiarità con gli animali sono stata accusata di comportamento mascolino; il giudice non ha considerato che all'epoca dell'incidente avevo le unghie lunghe e laccate.
Quant'è ottimista chi si aspetta giustizia dai tribunali! Il giudice non ha mai avuto niente da ridire sul fatto che le mie mani non siano ruvide come quelle di un pugile. E questo paese per il quale tu hai piantato l'amore in me, non mi ha mai voluto; nessuno mi ha sostenuto quando sotto i colpi degli inquirenti gridavo e sentivo i termini più volgari. Quando ho perduto il mio ultimo segno di bellezza, rasandomi i capelli, sono stata ricompensata: con 11 giorni in isolamento.
Cara Sholeh, non piangere per ciò che stai sentendo. Il primo giorno in cui, alla stazione di polizia, una vecchia agente acida mi ha schiaffeggiato per le mie unghie, ho capito che in quest'epoca la bellezza non è apprezzata. La bellezza dell'aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli occhi e della visione e persino la bellezza di una voce dolce.
Mia cara madre, la mia visione delle cose è cambiata e non è tua la colpa. Le mie parole sono eterne e le affido tutte a qualcuno perché, quando verrò giustiziata, senza di te e a tua insaputa, ti vengano consegnate. In eredità ti lascio molte cose scritte.
Però, prima della mia morte voglio qualcosa da te, qualcosa che mi devi dare con tutte le tue forze e in ogni modo possibile. In realtà è l'unica cosa che voglio da questo mondo, da questo paese e da te. So che avrai bisogno di tempo per farlo. Perciò ti anticipo una parte delle mie volontà. Ti prego non piangere e ascolta. 
Voglio che tu vada in tribunale e dica a tutti la mia richiesta. Non posso scrivere una simile lettera dalla prigione, che venga approvata dal direttore. Perciò dovrai di nuovo soffrire per causa mia. E' l'unica cosa per la quale, se implorerai, non mi arrabbierò anche se ti ho detto molte volte di non implorare per salvarmi dall'esecuzione.
Mia dolce madre, cara Sholeh, l'unica che mi è più cara della vita, ascolta: non voglio marcire sottoterrainutilmente. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore diventino polvere.
Prega perché venga disposto che, non appena sarò stata impiccata il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono. Non voglio che il destinatario conosca il mio nome. A me comprate un mazzo di fiori, oppure pregate per me. Ma te lo dico dal profondo del mio cuore: non voglio avere una tomba dove tu vada a piangere e a soffrire. Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili. Dammi al vento perché mi porti via.
Il mondo non ci ama. Non ha voluto che si compisse il mio destino. E ora mi arrendo e abbraccio la morte.
Di fronte al tribunale di Dio io accuserò gli ispettori: accuserò l'ispettore Shamlou, accuserò il giudice e i giudici della Corte Suprema che mi hanno picchiato mentre ero sveglia e non hanno smesso di minacciarmi.
Nel tribunale del Creatore accuserò il Dr. Farvandi, accuserò Qassem Shabani e tutti coloro che per ignoranza e con le loro bugie mi hanno fatto del male ed hanno calpestato i mie diritti e non hanno prestato attenzione al fatto che, a volte, sembra vero ciò è molto lontano dalla realtà.
Cara madre, Sholeh dal cuore tenero, nell'altro mondo siamo tu ed io gli accusatori, e gli altri gli accusati. Vedremo quale sarà la volontà di Dio. Vorrei abbracciarti fino alla morte. 
Ti voglio bene. Reyhaneh
Questo messaggio è di diversi mesi precedente all'esecuzione. Non sappiamo se le autorità abbiano accolto il desiderio di Reyhaneh di donare gli organi. Sappiamo solo che quanto ha fatto il regime iraniano è criminale. Lei ha perso la vita, Sholeh ha perso una figlia; auguriamo a tutti i colpevoli di perdere il sonno.

1 commento:

  1. non ci possono essere commenti per delle parole cosi vere e così tragiche -non ci può essere commento per una realtà così terribile

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