martedì 5 agosto 2014

Basta bombe! Donne in azione contro la guerra

Ero ancora adolescente quando per la prima volta mi sono interessata alle questioni di pace e di conflitto. E quando dico interessata intendo che ho iniziato a divorare libri e giornali, cercando di capire il mondo.
Una delle cose che mi ha scioccato di più è stato l'utilizzo senza fine della violenza armata come strumento per risolvere i problemi. Massacrarsi a vicenda senza posa non sembrava essere un metodo utile a risolvere nulla. Il continuo sviluppo di nuove armi e mezzi sempre più efficienti per uccidersi l'un l'altro non sembrava un buon modo di utilizzare il denaro. Sembrava che la violenza fosse la nostra principale forma di comunicazione e che ogni strada alternativa per coinvolgere l'altro fosse considerata solo utopia.
Dopo aver studiato questi temi all'università, ho iniziato a lavorare per la WILPF (Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà). Volevo lavorare per un'organizzazione dedicata alla risoluzione nonviolenta dei conflitti, per la giustizia economica e sociale e, naturalmente, il disarmo. Pensavo che le armi - il loro sviluppo e commercio, possesso e utilizzo - fossero il cuore di molti dei nostri problemi umani collettivi. E, dopo 9 anni con il programma di disarmo di WILPF Reaching Critical Will, ne sono convinta più che mai (come la maggior parte delle donne, da sempre, ndr).
Uno degli obiettivi cui lavoro per WILPF è mettere fine all'uso di armi esplosive nelle zone abitate. È una campagna abbastanza recente, fondata nel 2011 da gruppi della società civile interessati agli aspetti legali, economici, umanitari e sanitari del bombardamento nelle città. Ci siamo uniti alla INEW (Rete internazionale sulle armi esplosive) per incoraggiare i governi a stabilire divieti e restrizioni sull'uso di armi esplosive nelle zone popolate al fine di prevenire l'umana sofferenza.
Questo impegno va davvero al cuore di ciò per cui la WILPF lavora fin dal 1915. Furono donne che protestavano contro le uccisioni e la distruzione della prima guerra mondiale che posero le basi su cui si fondano la nostra organizzazione e, da allora, tutti i suoi sforzi contro il militarismo.
Negli ultimi 100 anni, guerre e conflitti armati hanno visto l'uso di mortai, razzi, proiettili di artiglieria e bombe aeree in zone abitate.
Durante la seconda guerra mondiale, il bombardamento delle città era ormai dilagarntee. In Vietnam gli Stati Uniti hanno condotto la più grande campagna di bombardamento aereo nella storia militare.
Non è solo un problema storico. Nella striscia di Gaza, nel corso delle ultime settimane, sono stati uccisi oltre 1000 palestinesi e feriti oltre 6200 (numero in continua crescita, ndr). Secondo Save the Children un quarto di questi morti sono bambini. La maggior parte causati da attacchi aerei di Israele, che ora ha anche bombardato l'unica centrale elettrica di Gaza (non che anche Hamas non tenti di colpire le città, ma la sua forza di fuoco è infinitamente minore, ndr). In Siria, il tributo di morte è di oltre 170.000, circa un terzo dei quali sono civili. Ancora una volta, molti di questi morti sono causati dal bombardamento delle città. Molte aree urbane siriane sono ormai in rovina, la storia e la cultura distrutte insieme a vita, mezzi di sussistenza e comunità.
In tutti i casi, il tipo di danno è prevedibile. Le armi esplosive utilizzano deflagrazioni e schegge per colpire persone e danneggiare oggetti, edifici e infrastrutture. Quando queste armi sono utilizzate nelle zone abitate uccidono e feriscono i civili, punto e basta.
Mentre ci avviciniamo al centenario della WILPF, è difficile riconoscere che, in questi cento anni, forse l'unica cosa che è cambiata è che ora è solo più facile uccidere e mutilare decine e decine di persone a causa dei progressi delle tecnologie, sia della violenza sia della crescente urbanizzazione. Ma allo stesso tempo, ci sono stati progressi nel diritto internazionale umanitario e delle leggi per i diritti umani. Forse queste leggi (come scrive qui Jeremy Bowen, ndr), sono solo il modo migliore che abbiamo per misurare il grado di orrore che gli esseri umani si infliggono a vicenda. Tuttavia, esse dovrebbero offrirci una tabella di marcia non solo per misurare questo orrore, ma per porgli fine.
Come attiviste per la pace e la libertà, vedo come nostro compito promuovere, implementare e sviluppare ulteriormente ulteriormente questa tabella di marcia. Non possiamo accettare che il diritto umanitario si limiti a rendere le guerre "meno pericolose" per i civili. Dobbiamo usarlo per porre fine alle guerre e impedirne di nuove. Dove ci sono lacune nell'attuazione della legge, come sull'uso delle armi esplosive nelle zone abitate, dobbiamo capire come colmarle al meglio. Dove non non c'è nessuna legge, dobbiamo crearle, e far sì che vengano applicate (in tema di leggi qui un sito utile: Arms Treaty Daily, ndr).
Questo non è un lavoro solo per i governi. Questo è un lavoro per tutti. I governi hanno linee guida e e leggi per istruire le loro azioni, ma quando si impegnano in manipolazioni politiche, aggressioni militari ed economiche, e nel potere negoziale, spetta a noi intervenire. Lo sforzo di INEW per stabilire divieti e restrizioni sull'uso di armi esplosive nelle zone abitate vuole prevenire la sofferenza umanitaria dovuta a una delle cause più comuni di morte e distruzione nei conflitti armati. Si tratta di cambiare radicalmente il modo in cui vengono intraprese guerre e conflitti armati.
Per me, lavorare su questo tema significa tornare alla radice dei motivi per cui avevo inizialmente aderito all'WILPF. E, a 100 anni dalla sua nascita, penso essenziale per la nostra causa, e parte integrante dell'obiettivo della nostra organizzazione, promuovere il potere delle donne per fermare la guerra.
Ray Acheson (Direttrice di Reaching critical Will; qui per Women stop war)

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