lunedì 17 marzo 2014

Piero Ostellino contro parità di genere: risponde (indirettamente) Marco Travaglio

LA PAROLA AGLI UOMINI/RASSEGNA • La confusione creata fra misure per il riequilibrio di genere nelle candidature e la presunta imposizione di "quote rosa" ha dato logo a moltissimi articoli che non esitiamo a definire fuorvianti. In tema interviene sul Corriere anche l'ex-direttore Piero Ostellino, in modo che suona, per molte, come un'offesa. Perché? Ecco le sue tesi (in rosso le parole del suo articolo, in nero i nostri commenti): "L’idea di introdurre la «parità di genere» - l’applicazione di un sistema di «quote rosa» preferenziali, nelle candidature femminili per le competizioni elettorali e in alcuni ambiti economici e finanziari nei quali dovrebbe contare il merito - è l’ultimo caso della degenerazione della cultura politica dominante che disprezza il mercato, ignora le libertà e il merito individuali...
[tema cruciale, il merito, su cui è importante ribattere il chiodo; come ricordano noti campioni di merito come Maurizio Gasparri, ndr].
Riprende Ostellino:  (L’idea di introdurre la «parità di genere»assegna al governo il compito di correggere e di modificare l’evoluzionismo naturale [naturale? di quale "natura" parliamo: quella di Wilma dammi la clava?e propone la regolamentazione-burocratizzazione dell’intera vita sociale. In realtà, [in realtà? non si intitola "il dubbio" questa rubrica, Ostellino?, ndr] la «parità di genere» ripropone la regola che domina ogni burocrazia e, da noi, la Pubblica amministrazione, dove promozioni, aumenti salariali e carriere procedono, più che per merito, per precostituiti automatismi e/o per anzianità, premiando indifferentemente chi se lo merita e chi no. Il sistema di «quote», a favore delle minoranze nell’accesso a certi College, alle Università, a certi livelli nell’impiego pubblico, a quelli più alti nella PA e/o a facilitazioni sociali ed economiche, era stato adottato, negli Usa, a temperamento delle discriminazioni razziali delle quali avevano sofferto i neri. Si è rivelato subito controproducente, addirittura fallimentare [bè! c'è chi interpreta invece che, senza quella forzatura, mai gli Usa avrebbero visto un presidente nero, ndr], perché anomalo e avverso rispetto al sistema socio-politico e alla cultura del Paese [e qui si potrebbe dire che, rispetto a un sistema sociopolitico in cui il razzismo aveva oggettiva incidenza le quote razziali siano state salutari. Ma, di fatto, quello che qui si omette di dire, è che sono state oggettivamente un bene, in epoche in cui senza le quote nessun nero avrebbe avuto accesso a niente; diverso oggi: ora che abbiamo un Colin Powel, una Condoleza Rice e un Barack Obama - potremmo dire che non hanno più senso, ndr]. 
Ma, secondo Ostellino: ..a rifiutarlo sono stati gli stessi beneficiati che aspiravano a migliorare la propria condizione per meriti propri, non per decisioni altrui.  [ma quali meriti poteva far emergere la maggioranza degli afroamericani fino a pochi decenni fa? saper sopravvivere tra mille difficoltà economiche e di accesso allo studio? a noi sembra si vada fuori dal seminato con citazioni alquanto vaghe: affermazioni simili dovrebbero poggiare su fonti verificabili e riferite a periodi precisi, ndr] Ma fonti zero.
E infine conclude il pezzo: (…) le «quote» preferenziali [preferenziali?, ndr] in favore di una parte della popolazione sono un residuo del democratismo - attenzione: che è cosa diversa dalla democrazia liberale, e dell’egualitarismo, che è altra cosa dall’eguaglianza delle opportunità sostenuta dai liberali. Democratismo e egualitarismo inquinano ancora il Paese, rallentandone lo sviluppo e la crescita [interessante opzione; a noi risulta che siano semmai corruttele, clientele e patriarcato asfittico, a rallentare il paese, ma forse viviamo in 2 paesi diversi, ndr]. Forse, la Politica - insieme dei poteri di indirizzo e di coazione di ogni governo - dovrebbe darsi una regolata, soprattutto culturale. [forse si! forse si, Ostellino! per uscire dalle secche di un patriarcato che sostiene clientele, ndr] E adoperarsi per uscire dalle secche del Novecento, statalista, dirigista e totalitario, produttore di (false) certezze pubbliche, come quell’astrazione ideologica che è «la collettività» e in nome di un’idea di Bene comune autoritaria - e entrare nel mondo contemporaneo «come è» -scettico, relativista, empirico - nel quale ogni proposizione prescrittiva è verificabile, se vera o falsa, nella realtà effettuale e non si rifugia nell’utopia che si concreta, poi, storicamente, nell’imposizione, dall’alto, di costrizioni che ledono, con la dignità, le elementari libertà di chi vogliono favorire". Fonte: Corsera, 14 marzo 2013
Macché! le "secche", si direbbe, sono le maree che tentano, invano, di montare dal basso per fare un po' di pulizia in un sistema bloccato, in cui le nomine avvengono per cooptazione maschile e in base al merito di poter fare quanti e quali favori a questo o a quello, non certo in base al merito-tout court. Ma, in conclusione, le serie proposte di emendamenti sono liquidate come costrizioni che ledono, con la dignità, le elementari libertà di chi vogliono favorire (noi, le donne)possiamo essere d'accordo? No questo è troppo. E sorge un sospetto - che fa venir voglia di rispondere citando un altro uomo (per ironia della sorte non noto per femminismo):
  • Se non si professasse "liberale" ogni 2 per 2 e non scrivesse in virtù di questo sul Corriere della Sera, Piero Ostellino meriterebbe la considerazione pressoché nulla che si deve ai tipici intellettuali italiani che attaccano sempre il cavallo alla mangiatoia giusta: craxiani quando comanda Craxi, berlusconiani oggi che comanda Berlusconi, domani dipende da chi comanderà. (Marco Travaglio)
Non intendiamo avallare questa interpretazione, ovviamente. Ma un'associazione di idee sorge spontanea: perché ci risulta che, ad oggi, come dall'eternità che abbiamo alle spalle, continuino a comandare, inesorabilmente, e sempre con gli stessi metodi - ancora gli uomini e solo gli uomini.
Al di là delle battute dettate dallo sconcerto, concludiamo però con una domanda seria, all'ex-direttore del Corriere della Sera: è al corrente che tutte le surreali argomentazioni portate contro la parità di genere sono state già ampiamente stracciate (come inconsistenti e pretestuose) dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale?

Già: sono oltre 10 anni che si susseguono cause legali (maschili) contro ogni minimo tentativo di introdurre norme per il riequilibrio di genere. Ma ogni volta le più alte cariche della Magistratura devono concludere che non di privilegi, né di "forzature" si può parlare, ma semmai di dare agli elettori un'opzione in più nella scelta di chi votare. A chi lo ignora, suggeriamo un aggiornamento: un giornalista è tenuto a tenersi informato anche se non è più direttore. Se invece chi scrive non lo ignora, un articolo che finge di non saperlo appare come un'autodenuncia che si condanna da sè.

2 commenti:

  1. Le quote sono una confisca del libero diritto di voto. Voi lo sapete benissimo. Abbondate in sofismi perché cercate solo delle vie privileggiate per le donne che sono già parte della Casta partidocratica (per essenza antidemocratica) che succhia il sangue al Paese.

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    1. già: chi sa cosa? forse noi sappiamo benissimo cose che lei non sa, Ludovico, o che molti fanno finota di non sapere, come Ostellino. Ma se si vuole parlare di qualcosa meglio informarsi, se invece si vuole mentire, giusto che qualcuno ti sbugiardi.
      • riguardo a confusione tra strumenti per garantire pari opportunità nelle candidature e presunte "quote rosa":
      http://politicafemminile-italia.blogspot.it/2014/03/donne-e-informazione-se-la-cifra-e-il.html
      • riguardo (invece) alle quote rosa, cosa sono e a cosa servono:
      http://www.retedelledonne.org/news/retedellereti-info/9458-come-si-sbarra-la-strada-alle-donne-nella-strada-verso-i-vertici

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