domenica 29 settembre 2013

#NODEATH in women’s name. Non uccidere: e tanto meno nel nome delle donne.

Violenza sulle donne: è necessario cambiare le risposte degli Stati. Noi donne respingiamo la pena di morte come deterrente contro la violenza - e lo diciamo più forte dopo l'ennesima risposta violenta di uno Stato, l'India, che contro la piaga degli stupri ha esteso a questo reato la pena di morte. Noi donne chiediamo di non uccidere in nome delle donne. Noi donne esigiamo di andare alle radici del male: prevenire, educare, dare strumenti di autodeterminazione.
A infliggere violenza alle donne sono uomini > sempre uomini sono coloro che stabiliscono le “soluzioni” > le soluzioni sono spesso azioni di facciata che non vanno alla radice delle cose.
Chi battaglia contro la violenza sono in prevalenza donne e, fra queste, i movimenti di emancipazione hanno da sempre avuto un ruolo di primo piano. Ma mai, mai, mai il pensiero femminile (e femminista) ha indicato la vendetta (e tantomeno la pena di morte) come possibile via d’uscita.
In India, dopo lo scandalo sollevato dalla terribile violenza di gruppo su un autobus, in cui una ragazza è rimasta uccisa per le torture subite, i 4 colpevoli adulti sono stati condannati a morte. Le donne e le "femministe" dovrebbero esultare. Ma non è stato affatto così. Tanto più sono impegnate contro la violenza, e tanto meno le stesse donne indiane hanno apprezzato il gesto eclatante di vendetta: non è così che si colpiscono realmente le radici del male, hanno detto.
Giusto condannare i responsabili al massimo della pena. Meno giusto che la pena di morte esista ancora e sia addirittura invocata nel nome delle donne. Ma, soprattutto, le donne denunciano - ovunque - che ricorrere alla più violenta legge del taglione crea l'alibi per lasciare immutate le condizioni in cui la persecuzione delle donne si rinnova ogni giorno.
La condanna a morte non sposterà di una virgola il terreno culturale, né le connivenze di polizia e giudici, né le catene delle “tradizioni”, le barbarie dell’ “onore”. La violenza dello Stato è un'altra faccia dell'arretratezza patriarcale che alimenta ogni violenza. Il lavoro da fare è un altro: dare spazio alle donne, potenziare le loro risorse, educare la comunità alla parità e al rispetto fra i generi. 
Sosteniamo questa battaglia nel mondo.

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