domenica 28 luglio 2013

La prima a pagare Maria Luisa Pellizzari, la sola che tentò di resistere alle pressioni kazake

Maria Luisa Pellizzari è stata rimossa dal ruolo di Direttrice dello SCO (servizio centrale operativo) della Direzione Anticrimine Centrale.
Caso Shalabayeva: "chi ha sbagliato deve pagare", diceva Letta il 13 luglio. L'ira del premier,  titolava Repubblica. La donna e la sua bambina sono ovviamente state consegnate, come ostaggi, a un paese in cui (come ci avverte la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo) si ricorre alla tortura: ostaggi e "metodi" con i quali le autorità kazake potranno ora premere per un ritorno-suicido del dissidente. 
La donna rischia concretamente, inoltre, una pesante condanna penale, e la bambina rischia ancora più concretamente un orfanotrofio kazako.  Sarebbe un'onta per l'Italia, commenta Repubblica. 
No, l'Italia si copre di onta già da sola. Sarebbe invece un'immane tragedia per una donna e una bimba innocenti. Ma per fortuna il nostro premier ha dichiarato che eserciterà moral suasion sul governo kazako (?). E che i responsabili non la passeranno liscia. 
E il nostro ministro dell'Interno? Come è noto, Alfano lavora da sempre per conto di un signore molto amico del dittatore kazako, e che di questa amicizia si vanta non da oggi. E che, soprattutto, ha in comune con lui stretti legami su lucrosi affari economici

Ma, naturalmente, tutto questo è ininfluente. E infatti, contro i responsabili della deportazione in Kazakistan, il nostro ministro dell'Interno promette "il pugno duro". Peccato che il responsabile principale sia proprio lui, e lui resta saldo al suo posto
• Nonostante la Costituzione dica chiaro che ogni ministro sia responsabile per ogni azione del suo dicastero. 
• Nonostante sia ormai dimostrato che prima del blitz l’ambasciatore kazako è stato per due giorni negli uffici del Viminale, dando addirittura disposizioni ai funzionari impegnati nelle ricerche del dissidente marito della donna. 
• Nonostante il ministero di Alfano abbia attuato una vera e propria «consegna su ordinazione» alle autorità kazake. 
E allora chi paga? Chi ha rimosso, per ora, il ministro non-responsabile che non-sapeva? Non è tanto chiaro, francamente. Abbiamo visto per ora che è stato obbligato alle dimissioni l'ex capo di gabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini, e che sono stati trasferiti il capo della segreteria del Dipartimento di Pubblica sicurezza, Alessandro Valeri); il questore de L'Aquila Giovanni Pinto… ma soprattutto la direttrice dello SCO.
Considerati i "cambi di mansione", a noi sembra che  la sostituzione più notevole sia proprio quella di Pellizzari: eppure non sembra lei la più "indiziabile". Visto che si, ha acconsentito a ordinare la seconda perquisizione nella villetta di Casal Palocco, ma ha anche messo a verbale di avere ricevuto ripetute pressioni.
Visto che - soprattutto - pare sia stata la sola a cercare di resistere alle pressioni kazake. 
Alla fine, insomma, l'impressione è che il non-ministro che non-sapeva abbia addirittura utilizzato lo scandalo, che avrebbe dovuto vedere le sue dimissioni, come volano per piazzare figure a lui più gradite - inclusa quella del prefetto Iurano. Ironia della "sorte", Iurano, che era stata declassata dalla ministra  Cancellieri, ora è stata promossa; mentre Pellizzari, che era stata voluta da Cancellieri, viene declassata.
Maria Luisa Pellizzari, già Direttrice del Servizio Polizia Stradale, era stata nominata direttrice dello SCO un anno fa - dopo che si fecero nuove nomine in seguito agli accertati maltrattamenti nella caserma Diaz. Ma ora un bello spintone e fuori dalla porta, al suo posto Raffaele Grassi. Lei (se abbiamo capito bene, resta a dirigere il "Servizio studi e addestramento della Scuola di Polizia". 
E noi donne abbiamo perso un'altra figura di riferimento capace di essere interlocutrice, e non muro di gomma o di pietra contro cui sbattere. 

Vi lasciamo di seguito un suo intervento riguardo al ruolo che possono (potrebbero) avere contro la violenza sulle donne strutture strategiche come quella di cui lei è oggi (purtroppo) ex-direttrice:
“Il Servizio Centrale Operativo è una struttura di polizia centrale altamente specializzata per il contrasto alla criminalità organizzata – non di matrice terroristica ed eversiva – e comune in tutte le sue manifestazioni più pericolose e in qualunque composizione etnica si esprima. Ha funzioni di impulso e coordinamento informativo e operativo delle Squadre Mobili delle Questure, e partecipa direttamente alle indagini delle Squadre Mobili nei casi di particolare complessità. Nel corso degli anni ha assunto sempre più importanza, anche nelle attività seguite dallo SCO (Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato), il contrasto della violenza di genere, tematica nella quale la Polizia di Stato ha sempre avuto un’esposizione di primo piano, essendo stata la prima Forza di polizia a dotarsi, fin dai primi anni Sessanta, di una struttura dedicata, con il Corpo di Polizia Femminile. Nel corso degli anni, parallelamente alla riorganizzazione della Polizia di Stato, anche le strutture dedicate alla trattazione dei reati commessi in pregiudizio di donne e minori sono stati innovati. Infatti, nel 1996 sono stati istituiti, presso ogni Questura, gli Uffici Minori, incardinati nelle Divisioni Anticrimine e deputati allo svolgimento dell’attività di prevenzione. Nel 1998, invece, è stata costituita, presso ogni Squadra Mobile, una sezione ad hoc specializzata nelle indagini concernenti lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e il turismo sessuale in danno di minori, competenza che, negli anni, è stata estesa ai reati commessi in ambito domestico e allo stalking. Gli operatori assegnati agli Uffici che si occupano di tale tematica ricevono una specifica formazione multidisciplinare che pone al centro dell’attenzione le vittime e le modalità più efficaci per prevenire la recrudescenza delle violenze. Ciò può essere ottenuto attraverso una corretta valutazione dei fattori di rischio e la conseguente valutazione del rischio di recidiva, che può arrivare alla commissione dell’omicidio, nei casi più gravi. Al riguardo, attesa l’estrema importanza della formazione in un settore così delicato, lo SCO, avvalendosi della collaborazione di docenti del Dipartimento di Psicologia della Seconda Università di Napoli e di operatori dell’associazione Differenza Donna, che gestisce centri antiviolenza nella provincia di Roma, ha sperimentato, in numerosi corsi di formazione, il metodo S.A.R.A., acronimo che sta per Spousal Assault Risk Assessment, ovvero Valutazione del rischio di aggressione della partner. Il monitoraggio interforze degli omicidi consumati sul territorio nazionale, effettuato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha evidenziato, infatti, che la maggior parte di quelli commessi in pregiudizio di donne è maturato in un contesto familiare (in particolare, dal 2010 ad oggi, del totale degli omicidi con vittima di sesso femminile, circa il 70% è stato commesso in ambito familiare). L’Italia, possiamo dire, ha una legislazione avanzata in tal senso, pur non essendovi una fattispecie penalistica di violenza domestica. Da ultimo, la L. 23 aprile 2009, n. 38 ha introdotto il delitto di atti persecutori, colmando un vuoto giuridico che non consentiva agli operatori di polizia di intervenire in tutti quei casi ai limiti della rilevanza penale. L’esperienza di questi anni di applicazione della nuova norma ha confermato che anche lo stalking si concretizza nella maggior parte di casi tra partner ed ex-partner. Sotto il profilo delle misure di intervento, la legge ha dotato il Questore dello strumento, di tipo preventivo, denominato ammonimento, che offre una tutela anticipata alla vittima di stalking che non intende presentare una formale denuncia-querela. Dopo più di tre anni di applicazione l’ammonimento è risultato efficace nell’impedire che i comportamenti persecutori siano portati a ulteriori conseguenze. La sua funzione dissuasiva, determinata dal fatto che l’inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento comporta la procedibilità d’ufficio per atti persecutori, è dimostrata dal fatto che, allo scorso 26 novembre 2012, solo il 18% dei soggetti ammoniti è risultato recidivo, venendo successivamente denunciato o arrestato per atti persecutori”
Maria Luisa Pellizzari, 30-11-2012 (intervento al convegno "Femminicidio: Analisi, metodologia e intervento in ambito giudiziario. Per una strategia concreta di lavoro interdisciplinare"). 

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