sabato 14 marzo 2015

Cambiamo il sistema non il clima! Verso Parigi 2015

Questo (anche questo!) è un Manifesto per la giustizia sociale, ambientale, climatica ed economica 

Preambolo • Noi cittadini, cittadine e comunità di un’Europa che vogliamo dei popoli e dei diritti, non più fondata sul mercato e sulla mercificazione d’ogni aspetto delle nostre vite, consapevoli della nostra condizione di esposti ai rischi ambientali derivanti da un modello produttivo che ha superato i limiti ecologici del pianeta, facciamo nostro l’obbiettivo di un cambiamento radicale del sistema attuale sulla base dei principi di giustizia sociale, ambientale, climatica ed economica.
Assumiamo i cambiamenti climatici come emergenza globale di cui ogni singola lotta territoriale in difesa dell’ambiente è sintomo. La battaglia per il clima è la cornice comune in cui possiamo riconoscerci membri di una comunità globale in difesa dei territori e dei diritti.
Per troppo tempo la ricchezza prodotta in una parte del mondo ha significato depauperamento e ipersfruttamento dei Sud, ciò si è tradotto specularmente in un’iniqua distribuzione dei costi ambientali imposti dalla corsa alla crescita del PIL mondiale.
A spingere la nostra azione è la solidarietà tra i popoli e tra tutte le comunità impattate, la volontà di non scaricare sulle future generazioni e sui più svantaggiati il costo ambientale di un modello di sviluppo che ha arricchito solo una parte dell’umanità. Non possono più esistere “comuni ma differenziate responsabilità”, esiste un solo pianeta terra, i suoi abitanti e il comune diritto alla vita, alla salute e a vivere in un ambiente salubre: esiste la comune responsabilità di chi continua a generare profitti inquinando e il comune interesse di tutti ad impedirlo.
Prima che dato scientifico, i cambiamenti climatici sono l’effetto di quanto le popolazioni subiscono nei territori devastati dalle grandi opere inutili, dal modello energetico ancora fondato sulle fonti fossili, dalle cementificazioni, dalla deforestazione, dall’esaurimento dei suoli agricoli, dall’implementazione delle energie rinnovabili quando finalizzata a speculazione, dalle emissioni inquinanti. Ciò si ripercuote sulle nostre vite e sulla nostra salute. Il clima cambia perché si continua ad insistere sulla strada di un sistema produttivo in cui l’ambiente è considerato
semplice fattore di produzione e per questo sfruttato senza regole, così come sempre più sfruttato è il lavoro. La lotta ai cambiamenti climatici è difesa dei diritti umani e non solo delle norme di tutela ambientale. Desertificazione, innalzamento del livello dei mari, dissesto idrogeologico, avvelenamento dei mari, dei fiumi, dell’acqua e delle terre, deforestazione, modello energetico fondato sulle fonti fossili, guerre per l’accaparramento delle risorse, sottraggono alle comunità beni comuni essenziali alla buona qualità della vita e alla loro stessa esistenza, il diritto all’autodeterminazione del proprio sistema sociale ed economico e ad un’equa redistribuzione dei servizi ambientali gratuiti. I cambiamenti climatici, uniti alla privazione e al deterioramento delle risorse naturali, costringono comunità ed interi popoli a migrare nella totale assenza di meccanismi di tutela giuridica dello status di profughi ambientali.
Nessuna conferenza dei grandi della terra sul clima ha preso né prenderà decisioni che tutelino l’interesse generale se invariato rimane il legame tra scelte politiche e interessi economici. Dietro la COP 21 c’è il finanziamento di sponsor come Engie (ex GDF Suez), EDF, Renault-Nissan, Suez Environment, Air France, FESR, Axa, BNP Paribas, LVMH, Ikea. Compagnie simbolo dell’inquinamento e della violazione dei diritti a cui la COP 21 dovrebbe cercare soluzioni. EDF ha interessi nell’energia nucleare, Engie e BNP Paribas nel carbone, Suez Environnement nella gestione privata dei servizi idrici e in quella delle acque reflue del fracking.
Se così è, la COP21 come l’EXPO, segneranno il 2015 con la pura estetica dei grandi eventi in cui posizioni di facciata nascondono il perdurare invariato di un mondo in cui l’opulenza di alcuni significa per altri fame, distruzione dell’ambiente, ingiustizia, iniquità.
Chiediamo ai governi che partecipano alla COP21 di recidere il legame a doppio filo che lega le decisioni politiche ad interessi economici che spingono verso l’assunzione di impegni al ribasso rispetto all’abbattimento delle emissioni climalteranti.

Premesso che:
1) Nonostante gli accordi internazionali in vigore la febbre del pianeta continua a salire.
2) Dal 2013 al 2015, secondo lo studio del Fondo Monetario Internazionale “How Large Are Global Energy Subsidies?”, le sovvenzioni a favore delle fonti fossili sono passate da 4,9 a 5,3 trilioni di dollari, il 6,5 per cento del PIL mondiale, più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo.
3) In Europa, secondo lo studio “Economic cost of the health impact of air pollution in Europe” dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), 600.000 tra decessi prematuri e malattie sono provocati dall’inquinamento; l’impatto sanitario si traduce in un costo economico di che nel 2010 ha raggiunto la cifra di 1.600 miliardi di dollari, equivalente al 10% del Pil dell’Unione
4) La crisi economica non deve costituire la giustificazione per operare al ribasso rispetto agli impegni da prendere in difesa dell’ambiente e dei diritti
5) Deregolamentazione ambientale e deregolamentazione economica costituiscono l’unica regola ben accetta al capitalismo predatorio
6) L’attuale sistema economico mostra in maniera sempre più lampante la propria incompatibilità con le esigenze di giustizia ambientale e sociale, con il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche nonché con la crescente volontà di partecipazione delle popolazioni nella tutela
dell’ecosistema
7) La logica distorta insita nei meccanismi finanziari legati allo scambio delle quote di emissione è aggravata dal comprovato inserirsi in questi settori di interessi finalizzati all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro.
Lanciamo un accorato appello alle istituzioni nazionali ed internazionali, agli enti locali, alle forze sociali e ai soggetti economici affinché, in vista della 21° Conferenza delle Parti cui Cambiamenti Climatici che si terrà a Parigi nel dicembre 2015, si adoperino fattivamente per l'adozione di misure concrete che aprano la strada ad un profondo ripensamento del modello economico e sociale in senso redistributivo, sostenibile ed equo.

Per cambiare il sistema e non il clima occorre:
• Cambiare il sistema produttivo
1) Porre le basi per lo sviluppo di un’economia diffusa e diversificata che si allontani sempre più dalle logiche di sfruttamento insite nelle produzioni di massa. Queste favoriscono concentrazione della ricchezza e depauperamento delle risorse ambientali. È invece necessario investire in tecnologie, imprese e settori economici a basso impatto ambientale, costruire un modello produttivo che rispetti le capacità autorigenerative degli ecosistemi e in cui il ciclo produttivo sia regolato da quello della vita sulla terra; un modello fondato sull’equa distribuzione delle risorse, sulla loro cura e tutela e, di pari passo, sulla redistribuzione dei benefici generati dall’ambiente
2) Promuovere la riconversione sociale, economica e ambientale dei comparti di produzione maggiormente inquinanti e la creazione di sbocchi occupazionali verso settori sostenibili e fondati su equità e redistribuzione. È necessario liberare le popolazioni dal ricatto occupazionale con cui si impongono sui territori impianti e scelte produttive devastanti per l’ambiente e la salute
3) Convertire l’economia delle grandi opere inutili in economia resiliente con opere di reale interesse pubblico: dalla bonifica dei territori, al risanamento idrogeologico, dalla riduzione alla fonte dei rifiuti all’efficientamento energetico degli edifici
4) Vincolare gli Stati a politiche volte ad arrestare la cementificazione e il consumo di suolo riconoscendo la natura di quest’ultimo come risorsa limitata
5) Rivoluzionare la produzione alimentare in favore dell’agricoltura diffusa come presidio ambientale sui territori, contrastando le forme di agricoltura e zootecnica industriali basate sull’uso intensivo di energia fossile, di pesticidi, di concimi chimici e di altre sostanze di sintesi, che incrementano il riscaldamento del pianeta, riducono la fertilità dei suoli danneggiando irrimediabilmente le proprietà rigenerative della terra
6) Implementare politiche favorevoli alla riappropriazione sociale dei beni comuni finalizzata ad una produzione di beni e servizi misurata quanto più possibile su esigenze locali, intendendo lo scambio globale in un’ottica sociale più che economica. Per il raggiungimento di questo obbiettivo è essenziale restituire ai cittadini poteri decisionali diretti nella gestione delle risorse e dei territori per una rivoluzione economica e sociale del modello produttivo.
• Cambiare il modello energetico
1) Cancellare immediatamente ogni forma di sussidio alle fonti fossili, incoraggiando una pianificazione energetica non finalizzata a soddisfare le esigenze di mercato ma il reale fabbisogno delle comunità
2) Liberare il settore delle energie rinnovabili dalla contraddizione insita in forme di implementazione dannose per l’ambiente e che si traducono in fenomeni meramente speculativi
3) Restituire al settore energetico la natura di servizio essenziale garantito, al riparo da dinamiche di sovrapproduzione dannose per l’ambiente. La pianificazione energetica deve essere adeguata al fabbisogno reale dei territori e non inseguire le esigenze di profitto della produzione industriale di energia
4) Disincentivare le imprese e i settori energivori attuando al contempo politiche tese alla riduzione dei consumi
5) Bloccare l’autorizzazione di nuovi impianti alimentati da fonti fossili, dismettere quelli esistenti e porre fine ai nuovi permessi di ricerca ed estrazione di fonti fossili, compresi i combustibili non convenzionali
6) Instaurare un modello energetico teso ad avvicinare il più possibile la figura del consumatore e quella del produttore attraverso l’incentivazione della democrazia energetica, dell’autoproduzione diffusa finalizzata all'autoconsumo.
• Contrastare i cambiamenti climatici estendendo i diritti
1) Spingere i governi e le istituzioni nazionali ed internazionali all’assunzione di responsabilità rispetto all'accoglienza e alla piena tutela giuridica delle popolazioni che subiscono già gli effetti dei cambiamenti climatici, verso il pieno riconoscimento della condizione di profughi ambientali e climatici a chi è spinto a migrare a causa del deterioramento ambientale del proprio territorio
2) Orientare ogni scelta economica e sociale verso l'integrale rispetto dei diritti umani legati all’ambiente salubre: salute, dignità, accesso a risorse essenziali
3) Istituire meccanismi che riconoscano e sanzionino le responsabilità degli Stati e delle imprese di fronte alle popolazioni impattate da fattori di rischio ambientale e dagli effetti dei cambiamenti climatici
4) Istituire e valorizzare meccanismi di controllo popolare sulle politiche di riduzione del carico inquinante e delle emissioni climalteranti nel senso di una partecipazione deliberante delle popolazioni
5) Massimizzare lo sforzo di informazione, sensibilizzazione ed educazione sul danno ambientale e sanitario connesso ai cambiamenti climatici
6) Imporre alle industrie inquinanti la copertura dei costi sanitari derivanti dall’inquinamento atmosferico e all’oggi gravanti sui bilanci degli Stati e, dunque, sulla collettività secondo il “principio” della privatizzazione dei benefici e socializzazione dei costi
• Ridurre concretamente le emozioni, contro le false soluzioni
1) Elaborare strategie di lungo termine per la decarbonizzazione dell'economia che vadano oltre i meri meccanismi finanziari, lo scambio di quote di emissione, i Redd, la geoingegneria, la smart agriculture etc. ovvero le “false soluzioni” sin qui approntate dalla governance globale. Le strategie di lotta al cambiamento climatico non possono ridursi al mercato dell’aria.
2) Imporre l’assunzione di forme di contabilità che mirino alla piena inclusione dei costi ambientali e sanitari nei costi di produzione di merci e servizi
3) Indirizzare gli Stati e gli enti di prossimità verso forme di pianificazione partecipata per la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici nei settori maggiormente emissivi (energia, industria, trasporti, agricoltura, edilizia) che ancorino le politiche di sviluppo alle esigenze locali e prevedano la formazione di lavoratori, funzionari pubblici, sindacalisti etc. nei settori verdi
4) Escludere la spesa necessaria alla tutela ambientale e all’abbattimento dell’inquinamento dai vincoli imposti dalle politiche di austerità
Per l’attuazione di questi punti, dirimenti per garantire la sopravvivenza del pianeta e delle comunità che lo abitano, noi tutti, uomini e donne, comunità e soggettività sociali in ogni forma costituite ribadiamo l'irrinunciabilità e l'urgenza di un cambiamento del sistema economico e produttivo. Forti di questa convinzione assumiamo l'impegno di portare avanti tutte le azioni di denuncia, informazione, sensibilizzazione, mobilitazione, pressione istituzionale necessarie a garantire l'implementazione di questo piano di azione verso la costruzione di un nuovo modello economico e sociale finalmente sostenibile, giusto, redistributivo e equo.

Cambiamo il sistema non il clima
Chi siamo • La Rete sociale Verso Parigi 2015 "Cambiamo il sistema non il clima" raccoglie circa 80 realtà italiane tra organizzazioni ambientaliste, comitati locali, associazioni, centri studi etc. che lavorano da nord e sud del paese nella tutela del territorio e dei diritti, a partire dal diritto alla salute. Gran parte delle realtà proponenti sono coinvolte, nelle diverse regioni italiane, in vertenze ambientali contro progetti ad alto impatto climalterante: centrali a carbone, campi petroliferi, mega infrastrutture, incenerimento etc. Verso la Cop21 di Parigi la rete sta lavorando promuovendo informazione, pressione istituzionale, mobilitazioni e azioni di visibilità sul tema dei cambiamenti climatici.
Primi promotori e firmatariA Sud • Coordinamento Nazionale No Triv • No Triv Basilicata • No Triv Abruzzo • Coordinamento Irpino No Triv • Stop Biocidio (Campania) • Comitato No Tap • Coordinamento Comitati Sardi • Comitato LegamJonici contro l’inquinamento Taranto • Campagna Stop TTIP Italia • Forum Italiano Movimenti per l’Acqua • Rete della Conoscenza • Rete Ambiente e Salute Salerno • Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia • Comitato No Muos Niscemi • Comitato Spezia Via dal Carbone • Comitato Nessun Dorma di Civitavecchia • Movimento No Coke Alto Lazio • Movimento No al Carbone Brindisi • Passeggino Rosso Brindisi • Brindisi Bene Comune • OLA – Organizzazione Lucana Ambientalista • Eco Magazine • Laboratorio Aprile di Acerra • Fair Watch • Associazione Ya Basta Nordest • Zonaventidue – San Vito Chietino • La Strada • TPO – Bologna • Ya Basta – Caminantes • Istituto Eco Ambientale Roma • Tilt! • Reorient Onlus • ISDE sezione di Salerno • Onda Rosa Viggiano (PZ) • Radio Vostok (Cava De’ Tirreni – SA) • Associazione d’iniziativa politica e culturale “in comune” – progetto 2020VE – Venezia • Coordinamento Nord-Sud del mondo (Milano) • Amig@s MST-Italia • Abruzzo Beni Comuni • Legambiente Italia • Arci • Movimento Radical Socialista • Forum Ambientalista Nazionale • Lab. Off Topic Milano • Coordinamento dei Comitati contro le autostrade Cr-Mn e T i-Bre • Terra ONLUS • ApertaMenteLab Soncino • Si alle rinnovabili No al nucleare • Associazione per la Decrescita (Veneto) 
E anche noi ci siamo. Ci siamo sempre state. C'eravamo prima, ci siamo adesso, continueremo ad esserci. Vi invitiamo a leggere e a diffondere questo appello, e a vedere e diffondere questo video:



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