sabato 22 febbraio 2014

Il primo governo paritario italiano: tra speranze e preoccupazioni

Ci diciamo buongiorno, oggi, nel primo giorno in cui l'Italia, dalla nascita della Repubblica, si sveglia con un governo paritario. E' una data storica, almeno in quanto sfonda una consuetudine grottesca che fino ad oggi nessuno aveva mai incrinato. Sappiamo che niente ci è regalato: se abbiamo ottenuto questo primo risultato, almeno sui numeri, lo dobbiamo a un lungo e tenace lavoro. Un lavoro condotto da tantissime donne e a cui in particolare si dedica in modo mirato, da tempo, l'Accordo di azione comune per la democrazia paritaria. Dopodiché.. naturalmente non tutte vedono, in questo nuovo governo, solo ragioni per rallegrarsi. Rimandiamo in particolare alle preoccupazioni espresse ieri da Cristina Biasini, Cecilia D'Elia e Giorgia Serughetti, sul Manifesto. Staremo a vedere. Ora più che mai, paradossalmente, le donne dovrebbero vigilare e stare unite: è il momento di alzare il tiro rispetto alle richieste di qualità della politica
E proprio oggi, in questo giorno così significativo, ha luogo a Firenze anche l'assemblea nazionale dei comitati di Se non ora quando.. ecco un'immagine dalla sala:
La discussione può essere seguita qui in streaming
L'assemblea ha aperto con questo comunicato, che racchiude in sè quella commistione di speranze e preoccupazioni che tutte abbiamo in cuore:

L’assemblea nazionale di SeNonOraQuando? vede fatto un primo passo verso una migliore democrazia che sin dalla sua nascita ha perseguito con determinazione. La cultura del nostro Paese sta lentamente cambiando e la composizione paritaria di questo governo ne è un segno: i numeri ci sono, ora sono decisive le nuove politiche. Ci aspettiamo che le donne e gli uomini del primo governo paritario d’Italia si mettano al lavoro per migliorare la vita di tutte e tutti.
Da oggi più che mai saremo attente, intransigenti e pronte.
SeNonOraQuando?, Firenze, 22 febbraio 2014

2 commenti:

  1. L'INFANTE SUL TRONO.

    Se, sulla soglia dei quarant'anni, ancora ci si consideri e nomini "ragazzi", sorge, come minimo, un problema di psicologia dell'età evolutiva o dello sviluppo, nel lacaniano "poter essere altro, senza separazione" (Luisella Mambrini, "Lacan e il femminismo contemporaneo", Quodlibet, pp. 33 e 37). E se si continua a chiamare "ragazzi e ragazze" il resto dell'umanità referente e parificata a Sè: si mostra palese l'intento egocentrato, narcisistico, così pieno e preso solo da una realtà letta alla "ruota della fortuna", pensando di voler "diventare storia" più che "fare la storia". Da qui l'annuncio: diminuiti i ministri, scelti giovani (e belli?) e 50% donne. Eccola la facciata: come una primizia fuor di stagione. Eppur la qualità politica (non ideologica) sa che non basta passare sotto questi stilemi nè tanto meno (e soprattutto) essere biologicamente donne per "l'agire politico dell'ottica di genere", che sta al mondo soggettivamente e non certo rapsodicamente. La storia non inizia mai con noi, ma matura, tutt'al più, in noi. Sempre.

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    1. NON basta. Ma fare spazio a donne e giovani - per quanto costretti, e forse ancora formalmente - è conditio sine qua non. E questo va detto.

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