domenica 8 settembre 2013

La guerra, la pace, la crisi. E il problema informazione

Nel labirinto di problemi in cui ci troviamo, sappiamo tutti quanto si stia facendo grave il problema informazione? Lo sappiamo davvero? Sui giornali di oggi un esempio a caso (che potremmo applicare a qualunque argomento). Per mostrarvelo, prendiamo il quotidiano forse più prestigioso in Italia, ritenuto anche fra i più equilibrati. Sotto vedete la prima pagina di oggi. A cui abbiamo fatto una "critica grafica" (che poi spiegheremo meglio).

Il mondo brucia, si rischia una guerra mondiale, l'ambiente è devastato, l'economia dello stupro non regge più, la gente perde il lavoro e si droga di slot machine e di qualunque altra cosa. Ma i titoloni sono solo sulle beghe di potere fra politici incapaci. Da mesi e mesi vediamo questa solfa, in relazione all'invadenza di un ex-premier - ma potremmo riferirla a qualunque altro fatto. Il nodo della cosa è che (escluso il faticoso sforzo dei blog e dei siti indipendenti) ai livello dei media di massa manca una vera informazione: quella che consente di giudicare e di scegliere.
Nel pezzo di ieri sulla crisi siriana c'era anche un'osservazione di Vandana Shiva:

"la vera guerra di oggi è la guerra contro la gente e contro il pianeta. Dopo secoli di lotta, i movimenti democratici erano riusciti a tenere separato il potere economico da quello politico, ma questo lungo processo è stato spazzato via e distrutto dalla globalizzazione: e così gli Stati sono diventati come delle aziende, delle corporation. (...) Se non interverranno drastici cambi di rotta, imposti dalle proteste popolari o da chi rappresenta i veri interessi delle popolazioni, quando sarà terminata l’emergenza di queste crisi il modello economico sarà già abbastanza cambiato e radicato, da fare sembrare naturale la trasformazione degli attuali Stati democratici in nuove forme di Stati militari che potranno agire legalmente contro le minoranze che tenteranno di opporsi alle scelte di governi-azienda. Nessuno si potrà ribellare per la ridotta libertà dei cittadini, come previsto dalle leggi approvate dal governo per fermare chiunque agisca per ostacolare il profitto delle grandi organizzazioni multinazionali.
Non parla un invasato "complottista": ma una delle più pacate e autorevoli economiste internazionali. Solo che non è una teorica dell'economia della distruzione, ma di una diversa visione. Non è ozioso fermarsi, ogni tanto, a scrutare nel buio. Considerando come tutte le cose siano collegate e quanto sia importante vederci bene.

Tornando alla prima pagina del Corriere di oggi: 
premesso che è ben noto che la stragrande maggioranza della gente a cui capita in mano un giornale non si avventura a leggere gli articoli, ma si limita a leggere i titoli e, da lì, desume una sua lettura soggettiva delle cose (ne trattiene cioè un'impressione "di pancia");
1. la notizia della mobilitazione per la pace è in pole position, come esige la dignità che non si può negare al Papa: ma alquanto piccolina. Considerato che una guerra mondiale si rischia davvero, è plausibile che l'evento meritasse la mezza pagina e titoli cosiddetti cubitali;
2. il titolo a caratteri cubitali, però (anche se contenuti), con il grassetto è stato dato solo alla "novità" Berlusconi (evidentemente preminente su ogni cosa);
3. il vero spazio in prima pagina dunque è (tanto per cambiare), su Berlusconi;
4. in prima pagina, titolo e sottotitolo sulla richiesta di pace per la Siria non sono sul tema globale, ma sull'evento religioso a Roma. Alludono dunque solo a una sorta di "mobilitazione religiosa" (anche se nella seconda pagina si rende conto meglio della cosa), citando "migliaia" in piazza San Pietro: che è come dire "niente". Benché - come nota lo stesso Corriere in questo trafiletto, la partecipazione non sia stata di "migliaia", ma di milioni (e molti, anche). Anche in San Pietro erano almeno centomila, ma la cosa importante è che molte altre città hanno organizzato veglie e sit-in, ovunque,
5. a cui (e qui la vera notizia nella notizia) hanno aderito pubblicamente organizzazioni e associazioni di ogni tipo.
Di tutte le fedi (inclusi ebrei e mussulmani): dall'Unione dei Buddisti Italiani alla Comunità Ebraica ai mussulmani dell'Ucoi. E laiche: da Emergency a Se Non Ora Quando Factory. Cosa accennata, come un fatto interessante, si, ma anche del tutto naturale.

Dunque questa mobilitazione, alla fine, è stata esorcizzata assegnandole un carattere morale, non politico. Eppure che si tratti di un gesto politico perfino da parte del Papa lo dimostra la sua stessa lettera inviata giorni fa al G20.

La vera notizia, tra le righe, è che per quanto cresca la partecipazione della gente, se su di essa si stende la molle cappa assordante del guardare sempre altrove, la democrazia non si riesce a praticare.

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