venerdì 2 agosto 2013

Sardegna; oggi era il termine: il Governo ha sollevato davanti alla Consulta il problema della legge elettorale n.14 del 25/6/2013?

ARCHIVIO/DOCUMENTI • Scade oggi, 2 agosto 2013, il termine per sottoporre alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4 della legge statutaria elettorale della Regione Sardegna. Il 2 luglio l’avv. Gioia Vaccari aveva indirizzato al Presidente del Consiglio Letta la richiesta al Governo di impugnare davanti alla Consulta la legge elettorale della Sardegna, che viola platealmente gli artt. 51 e 117 della Costituzione. Tutto ciò grazie a voto segreto PD/PDL
[E ricordiamo che, solo il 20 giugno, con un altro voto segreto, sempre in Sardegna era stata bocciata la doppia preferenza di genere (come già avvenuto in Puglia, e prima ancora in Sicilia. In Sardegna era stato infatti approvato un emendamento (il numero 13,  passato con 40 voti favorevoli e 34 contrari, e la peggio che pavida, pessima astensione della presidente del Consiglio Claudia Lombardo) che, facendo decadere i restanti emendamenti, ha eliminato sul nascere la possibilità stessa di discutere l'introduzione della duplice scelta in sede elettorale]. 
Ma tornando alla lettera dell'avv. Vaccari: la richiesta è stata sottoscritta con decisione, in Sardegna, da molte Associazioni e/o Sezioni locali (fra le quali CIF, FIDAPA, AIDDA, Noi donne 2005, SNOQ), inoltre dalle Consigliere di Parità e da molte cittadine impegnate. E’ un problema importante e che ci riguarda tutte/i: perché se tale legge regionale venisse tacitamente accettata, con certezza altre ne seguirebbero, dello stesso tenore, in altre Regioni e non solo. Si legittimerebbe infatti di poter violare pacificamente, con leggi regionali e nazionali, l'art.51 Costituzione. Confidiamo dunque che entro oggi l'impugnazione sarà presentata
Ecco il testo integrale della lettera inviata al premier:

Oggetto: richiesta di promozione della questione di costituzionalità della legge statutaria elettorale della Sardegna n.14 del 25 giugno 2013 pubblicata nel B.U.R.A.S. in data 2 luglio 2013.

In data 2 luglio 2013 è stata pubblicata sul B.U.R.A.S  la legge statutaria elettorale della Regione Sardegna n.14 del 25 giugno 2013. Tale legge è stata adottata ai sensi dell’art.15 dello Statuto Speciale per la Sardegna.
I. Si rammenta che con la legge costituzionale n.2 del 31 gennaio 2001, all’art.3  sono state dettate disposizioni sostitutive ed integrative dello Statuto Speciale della Regione Sardegna ed  in particolare alla lettera d) tali modifiche ed integrazioni hanno riguardato l’art.16 dello Statuto Speciale approvato con legge costituzionale del 26 febbraio 1948 e successive modificazioni.  Successivamente, la norma è stata  sostituita dall’art.1 comma 1 lett. b) della legge costituzionale 7 febbraio 2013 n. 3. Il suo testo vigente, a seguito dell'entrata in vigore della legge costituzionale del 2013, è il seguente.
1. II Consiglio regionale è eletto a suffragio universale con voto personale, uguale, libero e segreto, ed è composto da sessanta consiglieri. La composizione del Consiglio non può variare, neppure in relazione alla forma di governo e al sistema elettorale prescelto, se non mediante il procedimento di revisione del presente Statuto.
2. La legge elettorale per l’elezione del Consiglio regionale può disporre al fine di assicurare la rappresentanza di determinate aree territoriali dell’Isola, geograficamente continue e omogenee, interessate da fenomeni rilevanti di riduzione della popolazione residente. Al fine di conseguire l’equilibrio tra uomini e donne nella rappresentanza, la medesima legge promuove condizioni di parità nell’accesso alla carica di consigliere regionale.

II. La legge statutaria elettorale della Regione Sardegna, emanata in attuazione dello Statuto Speciale della Sardegna, nel Capo I riguardante il sistema elettorale, all’art. 4, rubricato “Liste circoscrizionali”, così dispone: 
1. La dichiarazione di presentazione delle liste circoscrizionali è accompagnata, a pena di esclusione, dalla dichiarazione di collegamento con il candidato alla carica di Presidente della Regione.
2. Ciascuna lista circoscrizionale è contraddistinta da un proprio contrassegno e denominazione.
3. Le liste circoscrizionali, a pena di esclusione, devono essere presentate con il medesimo contrassegno e denominazione in almeno tre quarti delle circoscrizioni elettorali, in modo da costituire un gruppo di liste collegate al medesimo candidato presidente.
4. In ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati; si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale.
5. Ciascun candidato presidente deve dichiarare il collegamento con uno o più gruppi di liste; la dichiarazione è efficace solo se convergente con le dichiarazioni di collegamento delle liste e se è accompagnata dal programma politico.
In particolare, come esposto, nel comma 4 dell’art. 4 è stata introdotta dalla legge regionale citata, ai verosimili fini di promuovere la parità di accesso alla carica di consigliere regionale, così come prescritto dall’art.16 dello Statuto Speciale, la norma che impone, a pena di esclusione, la presenza di candidati di un genere, nella misura non superiore ai due terzi.

III. Tale norma, peraltro, non è coerente ed anzi è in violazione, non solo dello Statuto Speciale della Sardegna art,16 comma 2, secondo periodo, sopra richiamato, dal quale emerge il dovere di promuovere condizioni di parità tra i sessi, nell’accesso alla carica di consigliere regionale, ma anche degli artt.  51, 117, 3 della Costituzione.

III.1. Come noto, l’art. 51 della Costituzione, è stato modificato con la legge costituzionale n.1 del 30 maggio 2003 che, all’art.1, ha aggiunto un periodo al vigente articolo 51, primo comma. La norma, nel testo modificato ed attualmente vigente dispone che Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti  stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne uomini.

III.2.  A sua volta, l’art. 117 della Costituzione, nel suo testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, al 7° comma, stabilisce che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive.

III.3. I principi fondamentali della parità dei cittadini, a prescindere dal sesso sono contenuti nell’articolo 3 della Costituzione,  che, come è noto, stabilisce al primo comma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali e che al secondo comma dispone che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

IV. L’introduzione, nella legge statutaria elettorale del Consiglio Regionale della Sardegna, della disposizione censurata di cui al quarto comma dell’art.4 che prevede, per ogni lista circoscrizionale, il limite di due terzi dei candidati dello stesso genere, residuando  per l’altro genere la misura di un terzo, non è coerente ed è in violazione delle norme costituzionali citate.

V. Occorre rammentare che l’art. 16 dello  Statuto Speciale della Sardegna, nel testo modificato dall’art. 3 della legge costituzionale n.2/2001 e di seguito dalla legge costituzionale n.13/2013, è espressione del principio costituzionale che si è fatto strada a seguito delle incalzanti iniziative di riforma normativa, per l’introduzione di una concreta parità di genere.
La Conferenza internazionale delle donne tenutasi a Pechino nel 1995 ha stabilito che non era sufficiente prevedere che l’accesso alle cariche elettive fosse attribuito a tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso, e che, più concretamente,  dovessero essere previste azioni positive per favorire tale accesso.
Né può dimenticarsi che la Carta dei diritti fondamentali  europei, divenuta vincolante per gli Stati membri con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, stabilisce che la parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi  e che il principio di parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici in favore del sesso sottorappresentato.
Ancora va tenuto presente che il percorso per giungere all’obiettivo di una concreta parità tra i due sessi è giunto in sede nazionale alla approvazione della legge n. 215 del 23 novembre 2012 che, con riferimento  all’accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni e delle province, ha stabilito che, nelle liste dei candidati, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi, ma anche che, ciascun elettore può esprimere, sotto le righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista da lui votata. Nel caso di espressione di due preferenze, esse debbono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.
La  detta legge ha inoltre, all’art. 3, modificato la legge 2 luglio 2004 n. 165, di attuazione dell’art. 122 Cost., in materia di elezioni  dei consigli regionali introducendo, al comma 1 dell’art.4, la lettera c-bis) che ha posto, quale principio fondamentale per la legislazione elettorale delle regioni, quello della promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive. 

VI. L’evoluzione della situazione di fatto, costituita da cittadini di sesso femminile non solo in maggioranza, come attestato dall’ultimo censimento del 2011, ma anche  da cittadine munite di elettorato attivo e votanti, in percentuale preponderante, come dimostrato dalle ultime elezioni del Parlamento nel 2013, unitamente agli impulsi provenienti dalla società civile ed agli orientamenti europei per l’attuazione della effettiva parità di genere, ha indotto il legislatore ordinario e quello costituzionale ad introdurre, a decorrere dal 2001 in poi, le norme precettive sopra rammentate,  per le quali” la promozione delle condizioni di parità nell’accesso alla carica di consigliere regionale”, come disposto dall’art.16 dello Statuto Speciale della Sardegna nel testo vigente, impone l’adozione di  effettive condizioni che raggiungano detta finalità.

VII. L’esigenza di prevedere legislativamente le condizioni concrete di parità tra i due sessi ha fatto parte, nel tempo, del vaglio di legittimità costituzionale delle leggi elettorali per le cariche elettive degli enti locali. Il contenuto di dette pronunce va tenuto presente ai fini della presente richiesta.

VII.1. Si rammenta che  con la sentenza della Corte Costituzionale n. 422 del 12 settembre 1995, è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art.5 secondo comma, ultimo periodo, della legge 25 marzo 1993 n.81(elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale,del consiglio provinciale) nonché, ai sensi dell’art.27 della legge 11 marzo 1953 n.87, l’illegittimità costituzionale di numerose disposizioni legislative in tema di elezione alla Camera dei deputati, dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario, di elezione agli organi comunali del Trentino Alto Adige,  di elezione agli organi comunali della regione Friuli Venezia Giulia e di elezione diretta del sindaco, del vice sindaco e del consiglio comunale della regione Valle d’Aosta, ritenendo la Corte Costituzionale che la norma di legge, che impone, nella presentazione delle candidature alle cariche elettive, qualsiasi forma di quote in ragione del sesso dei candidati, si ponga in contrasto con l’art.3 e con l’art.51 della Costituzione.
Ha affermato all’epoca, la Corte che, in tema di diritto all’elettorato passivo, la regola inderogabile è quella della assoluta parità, sicchè ogni differenziazione in ragione del sesso, da parte del legislatore, non può che risultare oggettivamente discriminatoria, mentre norme quali quelle che riservano quote ad un sesso di candidati, non si proporrebbero di rimuovere gli ostacoli che consentono alle donne di raggiungere determinati risultati, ma glieli attribuirebbero.

VII.2.A tale decisione hanno fatto seguito, peraltro, diversi orientamenti, che hanno tenuto conto della evoluzione della situazione di fatto  maturatasi, a tacer d’altro,a seguito della Conferenza Internazionale delle donne del 1995 e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, ratificata dall’Italia nel 2008, che hanno  affermato il principio che il raggiungimento della parità impone l’adozione di misure positive tali da consentire al sesso sottorappresentato una effettiva parità di trattamento. Sono mutati anche nel tempo i parametri costituzionali di riferimento, che hanno introdotto le modifiche  in precedenza esposte. 

VII.3.Con la sentenza della Corte Costituzionale n.49 del 13 febbraio 2003  riguardante la legge elettorale della regione Valle d’Aosta, che prevedeva la presenza di entrambi i sessi nelle liste dei candidati alla elezione del Consiglio regionale, è stato affermato che nella normativa non vi era alcuna incidenza diretta nel contenuto dei diritti rigorosamente garantiti in egual misura a tutti i cittadini, non essendovi violazione di norme costituzionali nella prevista presenza, nelle liste elettorali, di candidati di entrambi i sessi, essendo tutti egualmente eleggibili sulla base dei soli ed eguali requisiti prescritti.
• Ha affermato la Corte che il vincolo alla presentazione delle liste, aventi la presenza di candidati di entrambi i sessi, non si riferisce alla competizione elettorale vera e propria, ma alla sua fase anteriore, mentre le elezioni dei candidati non sono condizionate dal sesso, tanto meno in un caso come quello di specie in cui l’elettore può esprimere un voto di preferenza e l’ordine di elezione dei candidati è determinato dal numero dei voti di preferenza ottenuti.
• Ha rammentato la Corte che la legge costituzionale n.2/2001, integrando gli statuti delle regioni a statuto speciale, ha espressamente attribuito alle leggi elettorali delle regioni il compito di promuovere condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali, e ciò proprio al fine di conseguire l’equilibrio nella rappresentanza dei sessi. 
• La Corte ha inoltre osservato di avere riconosciuto che la finalità di conseguire una parità effettiva fra uomini e donne è positivamente apprezzabile dal punto di vista costituzionale e che  vanno valutate positivamente le misure liberamente adottate dai partiti e gruppi politici, per assicurare l’effettiva presenza paritaria delle donne nelle cariche rappresentative. 

VII.4. Con la recente ed assai nota sentenza della Corte Costituzionale n. 4 del 14 gennaio 2010 la Corte costituzionale ha deciso il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri  per la declaratoria della incostituzionalità della legge regionale della Campania n.4/2009, in materia di elezione al Consiglio regionale. La legge era censurata, tra l’altro, con riferimento all’art. 4 comma 3, che dispone che l’elettore può esprimere uno o due voti di preferenza e che nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile, l’altra un candidato di genere femminile.
La Corte, in relazione ai parametri di cui agli articoli 51 e 117 Cost. ha affermato che il quadro normativo costituzionale e statutario è complessivamente ispirato al principio costituzionale della effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell’art.3 secondo comma Cost. che impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese. Preso atto della storica sottorappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta a preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilità, ma a fattori culturali, economici e sociali, i legislatori costituzionale e statutario indicano la via delle misure specifiche volte a dare effettività ad un principio di eguaglianza astrattamente sancito, ma non compiutamente realizzato nella prassi politica ed elettorale.
La Corte ha altresì precisato che i mezzi per attuare questo disegno di realizzazione della parità effettiva tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive possono essere di diverso tipo. La tecnica prescelta dalla  norma censurata nel presente giudizio è quella di predisporre  condizioni generali volte a favorire il riequilibrio di genere nella rappresentanza politica ed ha escluso che possano essere legittimamente introdotte nell’ordinamento misure che non si propongano di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi. 

VIII. Quanto sopra esposto, l’art. 4 comma 4 della legge statutaria elettorale della Sardegna n.14   pubblicata il 2 luglio 2013,  va censurato per illegittimità costituzionale in riferimento agli articoli 51, 117, 3 della Costituzione ed all’articolo 16  dello Statuto Speciale della Regione Sardegna, per le seguenti ragioni.
Si è visto che la norma regionale citata ha introdotto un vincolo alle liste elettorali stabilendo, a pena di esclusione, che queste debbono essere costituite da candidati appartenenti allo stesso genere non superiori ai due terzi del totale.

VIII.1. La norma non dà attuazione all’articolo 16 dello Statuto Speciale, né agli articoli 51 e 117  settimo comma Cost. e si pone in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione.
Come rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.4/2010 citata, il quadro normativo, costituzionale e statutario (nella specie l’art.16 dello Statuto Speciale, secondo comma, come modificato dalle leggi costituzionali n.2/2010 e n.3/2013) è ispirato al principio fondamentale della effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica sia nazionale che regionale.  
E tale principio fondamentale è espressione dell’art.3,secondo comma della Costituzione, che impone alla Repubblica la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese. 
Il legislatore costituzionale con l’art.51, primo comma della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n.1/2003, nello stabilire che a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini pretende che per l’accesso alle cariche elettive sia assicurata la predetta parità.  L’art.117 Cost. al settimo comma stabilisce che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne e promuovono parità di accesso alle cariche elettive.
Gli strumenti a disposizione del legislatore nazionale e regionale per promuovere ed assicurare che l’accesso alle cariche elettive sia paritario tra i due generi, sono di diverso tipo,come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.4/2010 citata. Peraltro, tali strumenti debbono essere volti concretamente a promuovere la parità dei generi nell’accesso alle cariche elettive.

VIII.2. La legge statutaria elettorale della Regione Sardegna, in contrasto con le norme costituzionali citate, non promuove la concreta parità, né questa è assicurata dal vincolo, nella presentazione delle liste circoscrizionali, della presenza di due terzi di candidati appartenenti ad un genere ed un terzo ai candidati dell’altro genere.
Occorre difatti che le tecniche prescelte per favorire il riequilibrio di genere nella rappresentanza politica (sussistendo fattori sociali e culturali, di fatto limitativi dell’accesso alle cariche politiche delle donne, come si legge nella sentenza della Corte Costituzionale n.4/2010) siano effettivamente volte a promuovere la parità di accesso, fine questo non assicurato dalla norma della legge statutaria regionale censurata (art.16,comma secondo, secondo periodo) che costituisce per un sesso una riserva di candidati del tutto minoritaria rispetto alla percentuale attribuita all’altro sesso.
Solo attraverso l’introduzione di tecniche effettivamente volte alla rimozione degli ostacoli alla piena parità, la legge statutaria elettorale sarebbe stata conforme alla Costituzione ed allo Statuto Speciale, ma ciò non è accaduto, prevedendo la norma censurata, come detto, solo una minoritaria percentuale di candidati in ciascuna lista circoscrizionale costituita da un genere.

Tanto esposto, si chiede che sia promossa, ai sensi dell’art.15 dello Statuto Speciale della Regione Sardegna la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4 della legge statutaria elettorale della Regione Sardegna, nei termini di legge.
Roma - Cagliari 23 luglio 2013

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