domenica 17 marzo 2024

Sciopero planetario contro la guerra

Aderisci A QUESTO LINK. Oppure scrivendo una mail a assembleaperlapace@gmail.com !

Ci rivolgiamo a chi ha milioni di contatti con il mondo, a un movimento, una rete, un hacker che abbia a cuore la nostra sopravvivenza e la disfatta di chi la sta mettendo in pericolo. Chi è nato durante la seconda guerra mondiale è cresciuto pensando “mai più”. Mai più una guerra. 50 milioni di morti sembravano aver fatto rinsavire il mondo. Da allora guerra e genocidi non sono mai finiti. Gli ultimi li abbiamo sotto gli occhi: l’avanzata inarrestabile della Nato; l’invasione russa dell’Ucraina; l’atroce attacco di Hamas e la risposta inumana di Israele; il martirio infinito delle genti di Gaza. Stragi, stragi, stragi. Quando vedo la gente mitragliata mentre va a prendere la farina penso che loro siamo noi. Non in senso evangelico, ma storico. Nessuno ci vuole salvi. Tutti ci vogliono armati. C’è una fame di guerra che somiglia ai prodromi della prima guerra mondiale e annuncia la terza, e veramente ultima. Ho paura.

Abbiamo tutti paura, ma crediamo che armandoci ci difenderemo. No, armandoci ci consegneremo alla guerra, al nemico, alla morte. Abbiamo un sogno. Che qualcuno che abbia i mezzi di comunicazione adeguati a svegliare la terra, dichiari uno sciopero mondiale contro la guerra. Per un giorno incrociamo le braccia. Per un giorno non si produce e non si consuma. Se anche il 20 per cento aderisse, anche solo per qualche ora, produciamo un danno economico come dieci guerre. 

Così il mondo si accorgerà che esistiamo: noi che vogliamo la pace, perché la pace è vita. Certo, ogni sciopero ha un costo. Ma niente costa come la guerra. Come questa guerra. L’ultima.

[Aderisci scrivendo una mail a assembleaperlapace@gmail.com, appendi una bandiera per la pace a ogni finestra! appendi uno straccio di pace alla bici o alla borsa! ndr] 


Primi firmatari:

Barbara Alberti
Ginevra Bompiani
Amitav Ghosh
Raniero La Valle
Massimiliano Fuksas
Luca Guadagnino
Margherita Buy
Gianni Dessì
Viola Di Grado
Vauro
Simonetta Sciandivasci
David Riondino
Lidia Ravera
Valerio Magrelli
Chiara Barzini
Fiamma Satta
Michelle Müller
Virginia Raffaele
Sabrina Giannini
Geneviève Makaping














sabato 9 marzo 2024

La storica orazione di Ortensia, cancellata dalla Storia: riscritta nel 2012, rappresentata al Colosseo nel 2024

Nel 42 A.C., dopo che i senatori tentarono di tassare pesantemente le ricche matrone romane per finanziare l'ennesima guerra, Ortensia pronunciò in Senato una memorabile orazione in loro difesa, sancendo il principio "no tassazione senza rappresentanza" ben noto ai moderni, e ottenendo il ritiro della tassa. I quali moderni conoscono questo principio più che altro come sancito dai coloni americani contro l'Inghilterra ("No taxation without representation"). Meno noto (anzi, del tutto ignorato) il fatto che il concetto fu introdotto da una donna e soffocato dagli uomini. Infatti, in seguito alla vittoria legale ottenuta da Ortensia, lo stesso Senato, allarmato dalle conseguenze del dar voce al punto di vista femminile, corse ai ripari sancendo da lì in avanti il divieto alle donne di intervenire in giudizio (in difesa di se stesse e di chicchessia), garantendo così continuità all'assoluta unilateralità maschile in ogni luogo ove si decide. 

Di questa orazione, di cui nessuno ci parlò mai a scuola, restarono solo le scarne citazioni storiche. Nel 2012 un gruppo di donne decise di riscriverla in base alle notizie che se ne hanno, e di rappresentarla in occasione della "conferenza-stampa teatrale" organizzata per la nascita della Rete delle Reti femminiliL'idea si deve alla giornalista Cinzia Romano, il testo e la regia si devono alla studiosa Giuliana NuvoliOrtensia fu interpretata dall'attrice Giulia Fossà; e potete rivederla qui:

Ora, per l'8 marzo di 12 anni dopo, la memorabile orazione di cui a scuola, a tutt'oggi, nessuno parla mai, è riemersa nuovamente e, per iniziativa del Parco archeologico del Colosseo, è stata rappresentata proprio in Curia Iulia; con un'accurata presentazione preliminare e una suggestiva cornice scenica. È possibile vedere la rappresentazione nel post su Facebook del Parco, QUI


Dispiace solo che alla fine della rappresentazione vengono ringraziati tutti tranne l'autrice stessa del testo (citata solo fugacemente all'inizio) e chi decise, già 12 anni fa, di far riemergere e rappresentare questa orazione.  E ricordiamolo, invece, tanto per non cancellare le donne dalla Storia come al solito.



domenica 25 febbraio 2024

Sperando che non ti servirà mai.. scarica Where Are U

L’app ufficiale Where Are U è collegata al Numero di Emergenza Europeo 112 (che riunisce in una sola centrale operativa il Soccorso Sanitario, Vigili del Fuoco e Forze dell’Ordine), ed è collegata anche con sistemi di soccorso all'estero. 

Scaricala per avere, in caso di bisogno, una connessione immediata con i soccorsi, inviando automaticamente la tua localizzazione e le altre informazioni che deciderai di includere nell'app.

Puoi decidere quali modalità scegliere tra chiamata normale, chiamata silenziosa o chat e aggiungere i contatti di riferimento in caso di emergenza. 
Where Are U ti consente di:

• salvare oltre ai tuoi dati i numeri ICE (In Case of Emergency) da chiamare in caso di necessità;


• inviare con precisione la tua posizione geografica alla Centrale Operativa 112 di competenza;


• utilizzare la “chiamata silenziosa”, che permette anche a chi non può parlare di contattare il servizio di emergenza;


• selezionare il tipo di servizio richiesto (Soccorso Sanitario, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine);


• passare dal 112 al numero di emergenza di altro Paese in cui ti trovi (ad es. in U.S.A., l’app chiamerà il 911, invece del 112);


• chattare con il 112, funzione vitale per i non udenti e in ogni situazione in cui non si può parlare;


• gestire l’interfaccia per ipovedenti.


Visiona guida e tutorial che trovi nel menu dell'app.

giovedì 15 febbraio 2024

Le ecofemministe ripudiano la guerra: fuori la guerra degli uomini dalla Storia!

Dichiarazione del Coordinamento nazionale ecofemministe

Le donne, in generale, sono contrarie a ricorrere alle guerre perché danno la vita e ne curano altre: questo le porta a detestare la sola idea che molte vite vengano recise indiscriminatamente per interessi di pochi decisori. 



Le femministe in particolare sono da sempre dichiaratamente pacifiste

Le ecofemministe, ancora più profondamente, non violente, ripudiano tutte le violenze contro gli umani, contro gli altri animali, le piante e l'ambiente, e naturalmente contro le guerre, dichiarate sempre da maschi con la connivenza di donne di potere omologate. Sono anche contro la violenza di ogni livello ed ogni parte: famiglia, religione, polizie e Stati. La guerra appartiene alla mentalità predatoria maschile patriarcale, come la volontà di possesso, l'onore patriarcale, lo stupro anche domestico, etnico e di guerra, la mascolinità militarizzata, tipicamente di estrazione di destra. La Costituzione italiana è stata emanata, dopo una guerra mondiale tragica ed all'uscita da una lunga dittatura fascista e maschilista, da parte di una Assemblea composta finalmente anche da donne; a loro seppure fossero solo 21, si devono i principi fondamentali e l’art. 11: “la Repubblica ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Noi ecofemmministe italiane siamo quindi coerenti con i principi costituzionali nel denunciare non solo l'aggressione di Hamas ma anche massacri che il governo Netanyahu sta facendo nei confronti della popolazione palestinese, costretta ad assieparsi a Gaza. Alcuni Palestinesi convivono in Cisgiordania con coloni sempre più aggressivi e oggi spinti anche dal Governo ad occupare la gran parte dei loro territori.

La narrazione autoassolutoria da parte del Governo di estrema destra israeliano sull'origine del suo attacco massiccio sia a Gaza che in Cisgiordania è stata da subito condivisa dai media internazionali, su pressione delle lobby industriali, finanziarie e politiche a influenza ebraica, soprattutto nordamericane. Nessuno e nessuna, tantomeno noi Ecofem, può giustificare e perdonare l'attacco, militare e sanguinoso, della formazione di Hamas del 7 ottobre 2023, contro quello che inizialmente era un rave internazionale di giovani, molti dei quali israeliani. Non si può non notare però che la reazione crudele e spropositata contro i civili palestinesi ammassati nei loro residui spazi veniva rivendicata come diritto di difesa conseguente al sanguinoso attacco terrorista. Chi denunciava l'invasione di ulteriori terre palestinesi cisgiordane da parte di coloni armati, le distruzioni a Gaza, già una prigione a cielo aperto con milioni di abitanti, e lo sterminio di decine di migliaia di civili e minori incolpevoli, veniva pubblicamente tacciato di collusione con i terroristi e di antiebraismo. Erano invece oscurate dai media le manifestazioni internazionali oceaniche di protesta contro i massacri ai civili palestinesi, mentre si dava riscontro ai pericoli di eventi antiebraici senza parlare di una deprecabile posizione di molti ebrei all'estero, che difendevano a priori le azioni del governo di Israele che diffondeva notizie di azioni aberranti di miliziani palestinesi come infanticidi, stupri, taglio di teste, poi ritrattate. Solo in notizie o articoli di nicchia si potevano riscontrare dettagli più scabrosi per Israele. Come il fatto non verosimile che i suoi Servizi segreti, onnipotenti e onnipresenti, non fossero a conoscenza dell'organizzazione dell'attacco di Hamas: ed infatti pare ormai accertato che l'informazione sia stata volutamente trascurata. Il fatto che il governo stesso finanziasse Hamas dalla sua nascita, nel 2006, se inizialmente aveva avuto lo scopo di indebolire l'OLP e le forze moderate, più di recente, probabilmente ha inteso favorire una ribellione, l'alibi perfetto per la “soluzione finale”: liberare dai Palestinesi l'intero territorio, con qualsiasi mezzo e, grazie alla supremazia bellica, bombardando, affamando, assetando, sottraendo mezzi e medicine, impedendo rifornimenti umanitari, accusando l'UNRWA di collusione per impedirne i finanziamenti e suggerendo la deportazione dei sopravvissuti nel desertico Sinai egiziano o in altre regioni africane. Altre informazioni, non facilmente disponibili nei media, riguardano grandi interessi economici di Israele pronti ad appropriarsi di risorse energetiche rinvenute nel territorio attuale della Striscia di Gaza, che le consentirebbero l'autonomia economica: giacimenti di petrolio nella parte a Nord, e di gas naturale a 30 chilometri dalla costa; in quest'ultimo affare è coinvolta ENI. 

Lo scambio concordato di prigionieri israeliani rapiti da Hamas con altri fra le migliaia di palestinesi già detenuti, pur se in proporzione maggiore, è stato seguito dalla carcerazione, come sempre senza garanzie ne’ prove, di altrettanti civili, compresi donne e minori, nonostante le continue proteste e richieste di non belligeranza dei parenti dei rapiti israeliani.

Nonostante la propaganda retorica israeliana, l'isolamento della Striscia, sotto apartheid e circondata da un muro con pochi varchi controllati, l'impedimento provocato ai mezzi di comunicazione e l'uccisione di un grande numero di giornalisti, la misura della crudeltà è emersa. A distanza di quattro mesi, un solo Stato, il Sud Africa, ha reagito con uno strumento di ricorso di diritto internazionale, appellandosi alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, accusando Israele di genocidio. Il 26 gennaio 2024 la Corte si è espressa accettando di valutare il ricorso, in quanto non manifestamente infondato, e dettando allo Stato di Israele prescrizioni di interrompere con immediatezza le ostilità: non avendo altri poteri impositivi, la direttiva è stata prevedibilmente ignorata, nonostante diversi Stati sudamericani abbiano ufficialmente appoggiato il ricorso del Sud Africa, come loro segnato di recente da regimi ed apartheid. A questo proposito, chiediamo al nostro governo di unirsi al sostegno al ricorso presso la Corte dell'Aja, riconoscendo la necessità immediata di uno Stato Palestinese, anche sotto il profilo della legittimità a stipulare accordi, concessioni e contratti. Pur se rappresenta un passo avanti, non è sufficiente la mozione parlamentare sul cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi, raggiunta su accordo Schlein Meloni. Come prevedibile, le azioni del Governo israeliano mettono a rischio anche la stabilità di più Paesi: oltre ai territori palestinesi, sono state bombardate zone degli Stati limitrofi. Già negli anni ‘70 Israele si era del resto appropriata di territori in Egitto, Siria e Libano e non aveva poi rispettato gli accordi di Oslo con l'OLP del 1993, in cui i due Stati si riconoscevano vicendevolmente, con il diritto della Palestina a propri territori in Cisgiordania e Gaza, dimostrandosi ancora inaffidabile. Sussiste per noi ecofemministe e non solo, il timore che Stati bellicosi prendano ad occasione la difesa della popolazione araba per scatenare conflitti in un Medio Oriente instabile, in primis l'Iran, o influiscano nell'economia mondiale come avviene già con i blocchi nel Mar Rosso, o si rivitalizzi il terrorismo internazionale con il reclutamento di fanatici e mercenari.

Gli incalcolabili danni di guerra non verranno probabilmente mai risarciti, neppure a responsabilità conclamata; sappiamo che non esiste tale obbligo, nel pure ignorato diritto internazionale, se non per accordi di pace tra gli Stati belligeranti, che nella situazione attuale sono improponibili, anche per l'espediente di Israele di non riconoscere uno Stato palestinese, contraddicendo anche sé stessa.

Oltre ai danni materiali, come la distruzione quasi totale della Striscia, risultano devastanti i danni emotivi, incalcolabili ed irrimediabili dovuti ai continui esodi, alle deprivazioni, morti, malattie, ferite e invalidità permanenti che lasceranno segni indelebili: ci si riferisce anche agli shock subiti dai molti minori sopravvissuti, spesso rimasti orfani, per i quali il futuro sarà privo di prospettive e certezze, il che favorirà cinismo, fanatismi ed integralismi sfruttabili. Gli esodi tanto temuti saranno inevitabili e tragici, perché difficilmente ai Palestinesi sarà riservato il diritto di asilo concesso ai profughi Ucraini, un’azione che, come ecofemmministe, reclamiamo fin da ora per equità dall'Europa.

Sotto il profilo ambientale, il costo causato dall’azione bellica in Palestina è pesantissimo. Per i primi due mesi, le emissioni di gas climalteranti derivanti dalla guerra e dalla catena di approvvigionamento bellico sono state calcolate in due milioni di tonnellate di CO2 equivalente; a Febbraio 2024 possiamo quindi ritenerne 4 milioni, quanto prodotto in due anni dal Niger; nel calcolo sono compresi anche i viaggi aerei sia dei cargo USA che trasportano rifornimenti bellici che degli aerei israeliani, le esplosioni di bombe, razzi e munizioni. Resteranno sul terreno per anni le sostanze inquinanti conseguenti al conflitto; anche la rimozione dei detriti e la ricostruzione degli edifici distrutti avranno un peso ambientale enorme, ed il tutto peserà sul resto del mondo, anche se non considerato nei trattati sul clima. 

Noi ecofemmministe facciamo quindi appello ai leader nazionali ed europei, che finora non hanno attuato strategie efficaci nel por fine ai conflitti in corso, di non rimanere più impassibili a fronte di stragi di soldati e di civili e a devastazioni di città e territori. Occorrono quanto prima proposte convincenti di negoziazione. Smettiamo di affidare le sorti di interi popoli all’esito ottenuto attraverso l'uso massiccio di armi.

Da parte nostra diciamo che il solo riconoscimento generico dello Stato Palestinese non risolverà il problema di chi lo governerà, e non potrà certo essere Hamas, ma nemmeno una corrotta e poco credibile Autorità Palestinese intrisa di machismo e di una cultura patriarcale. Bisognerà occuparsi subito di promuovere una maggiore partecipazione femminile nei luoghi di potere.

Coordinamento nazionale ecofemministe

14 febbraio 2024


martedì 24 gennaio 2023

Daniela Padoan capolista a Milano e Provincia con Alleanza Verdi Sinistra, per le elezioni regionali 2023 della Lombardia

Serve presentare Daniela Padoan? Forse si, perché anche se molto prolifica scrittrice, saggista e attivista, con i suoi modi discreti e defilati lei non si promuove, non fa quasi nulla per far parlare di sé. Vogliamo parlarne noi, perché finalmente vediamo candidarsi una persona non solo seria, sincera, competente, ma anche consapevolmente eco-femminista.

E lo facciamo con le risposte che abbiamo ricevuto alle nostre domande:

Perché hai accettato di candidarti a queste elezioni regionali?

Per 28 anni il governo di questa destra è stato più attento agli interessi delle lobby economiche che a quelli dei cittadini: oggi la Lombardia è la regione più inquinata d’Europa, ove l'aspettativa di vita si è ridotta di quasi 3 anni (e con oltre 45mila decessi ufficiali solo per Covid-19). 

Questo momento storico porta in primo piano proprio tutto ciò che più mi sta a cuore: un complessivo attacco all’ambiente, alle fragilità, alle diversità, alla democrazia, alle nostre stesse possibilità di convivenza. Ho sentito che scrivere non basta, e nemmeno rimanere nell’ambito associativo… Occorre portare nelle istituzioni il proprio contributo alle scelte che riguardano le nostre esistenze, comprendendo l’indissolubile relazione fra giustizia sociale e giustizia ambientale. Per questo ho deciso di accettare l’invito di Europa Verde a candidarmi, come indipendente, a capolista per Milano e Provincia nell’Alleanza Verdi Sinistra, in appoggio alla candidatura a presidente di Pierfrancesco Majorino. 

Credo che superare la frammentazione che ha consegnato il Paese alle destre sia la sola possibilità per fermare chi ha governato ininterrottamente la Lombardia dal 1994, con le conseguenze che sperimentiamo. L’esperienza di questi anni mi ha insegnato che la forza risiede in una collettività di persone che credono nella responsabilità e nel bene comune, e che solo da qui viene l’intelligenza politica che riesce a cambiare le cose. 

Per questo, alle associazioni e alle persone con cui tante cose abbiamo fatto insieme in questi ultimi anni – su ecologia, fragilità, migrazione, beni comuni, femminismo, antirazzismo, antifascismo, formazione “dal basso” – chiedo non solo di sostenere la mia candidatura ma di contribuire ad arricchire, come un collettivo, un programma condiviso per la Regione. 

Come sintetizzeresti i punti del tuo programma?

Prima di tutto ritengo necessario raccordare economia, salute pubblica e tutela dell’ambiente in un unico concetto di salute circolare, interdisciplinare, che diventi cuore di ogni politica.

Bisogna affrontare con una mentalità nuova una crisi che ormai colpisce anche un ceto medio sempre più impoverito dall'inflazione portata da guerra, pandemia e politiche energetiche ancora ottusamente basate sui fossili.

Per questo, se eletta, mi impegno ad agire per una serie di punti che non sono slogan, ma la quintessenza dell’impegno che mi guida:

• fermare la privatizzazione della sanità affermando il principio della salute non come assenza di malattia ma come condizione complessiva della persona: quindi includendo qualità dell’ambiente e dell’abitare, alimentazione, lavoro, istruzione, costruzione di reti di comunità; 

difendere la nostra Madre Terra, l’acqua, il suolo, il vivente, i beni comuni, la bellezza e gratuità della natura, nostra più vera radice; 

dare opportunità ai giovani promuovendo un profondo investimento culturale, economico e di strategia sul futuro; 

promuovere pace, disarmo e riconversione dell’industria bellica lombarda;

dare piena affermazione dei diritti delle donne in contrasto alla cultura patriarcale, lotta alla violenza, valorizzazione dei talenti femminili;
nuovi posti di lavoro attraverso una vera transizione ecologica, includendo nella formazione erogata dalla Regione competenze ambientali specifiche, rivolte anche ai cittadini stranieri, e una visione nuova che cambi le politiche a partire dai luoghi della fragilità, dai margini, dalle istituzioni chiuse;

democrazia partecipata che garantisca ai cittadini trasparenza, accesso alle informazioni e reale partecipazione, cambiando le politiche che riducono a categoria disabili e anziani, sofferenti psichici, migranti.

Come attuare tutto questo? Col metodo: giorno dopo giorno, affrontando ogni singola problematica alla luce del rispetto del vivente quale stella polare a cui far sempre riferimento, attraverso la coscienza ecologica e sociale che ne consegue, e cercando aiuto e sostegno dalle migliori competenze di coloro che dedicano la loro vita a comprendere, riparare, innovare.

Tutto il mio lavoro è stato impostato sul dialogo, l’incontro, l’interconnessione di saperi e impegno, e così sarà il mio modo di fare politica: con l’aiuto di tutte e tutti voi che condividete questa visione.

 

Puoi parlarci di te attraverso i progetti che hai realizzato?

Sono scrittrice, saggista e attivista per i diritti umani e ambientali, fra i fondatori delle associazioni Adif (associazione Diritti e Frontiere)Laudato si’, un'alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale, e Osservatorio Solidarietà Carta di Milano; e curo la collana Lupicattivi - Voci di ecologia integrale per Castelvecchi editore. 

E si, la mia biografia coincide in gran parte con le mie scelte associative e con i miei libri, che segnano i temi a cui mi sono dedicata negli anni: la Shoah, la resistenza femminile, le radici culturali del razzismo, la visione antropocentrica che divide esseri umani, vivente e natura in gerarchie di valore, procedendo alla distruzione del pianeta e riducendo a scarti le vite dei più fragili. Tra i libri che ricordo qui:

in "Come una rana d'inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz" (Bompiani), ho proposto una riflessione sulla specificità femminile della Shoah, fino ad allora ignorata nel nostro paese, instaurando un dialogo durato quasi due anni con le straordinarie testimoni Liliana Segre, Goti Bauer e Giuliana Tedeschi. 

In "Le pazze. Un incontro con le Madri di Plaza de Mayo" (Bompiani), ho intessuto un racconto a cinque voci fatto da Hebe de Bonafini e dalle storiche madri dei desaparecidos sulla forza politica del materno e la resistenza delle donne ai regimi. 

In "Razzismo e noismo. Le declinazioni del noi e l’esclusione dell’altro" (Einaudi) – un dialogo a tratti irruento con Luca Cavalli-Sforza, il genetista che ha dimostrato l’inesistenza scientifica del concetto di razza applicato agli esseri umani – ho provato a indagare la presunzione antropocentrica della nostra cultura occidentale.


In alcuni libri, che chiamo “libri-assemblea”, mi sono occupata di ambiente ed ecologia, progetti di dialogo tra diversi ambiti di ricerca e attivismo. 

Niente di questo mondo ci risulta indifferente (ed. Interno4), è il risultato di un confronto tra quasi duecento studiosi e attivisti attorno al concetto di ecologia integrale proposto nell’Enciclica Laudato si’ di papa Francesco

Gli stati generali dell’acqua (Castelvecchi), dedicato all’acqua bene comune, diritto umano e del vivente, è nato dalla collaborazione di quasi settanta studiosi, attivisti e movimenti in Italia e nel mondo: dal relatore speciale per l’acqua all’Onu al portavoce Mapuche per l’inserimento dell’acqua nella Costituzione cilena, non in quanto diritto umano ma in quanto soggetto, in sé, di diritto. 

Il mio prossimo libro-assemblea sarà sul ritorno dell’ideologia nuclearista.

Altro mio argomento di impegno è la difesa della Costituzione. Il 24 gennaio di quest’anno è stato pubblicato a mia cura il libro "Liliana Segre. La stella polare della Costituzione. Il discorso al Senato" (Einaudi), con un mio saggio conclusivo sul “filo nero” che dalla Marcia su Roma portò alla Shoah e che ancora oggi ci interroga sul riaffacciarsi di una cultura politica che affonda le radici in un passato fascista con cui non abbiamo mai davvero fatto i conti.

Riguardo all’attivismo associazionista e politico: fin dal 2002, con il gruppo Donne contro i cimiteri marini di Stato, mi sono impegnata per il soccorso in mare e l’accoglienza di profughi e migranti. Le associazioni ADIF -Diritti e Frontiere e Osservatorio Solidarietà Carta di Milano sono nati per rispondere alle politiche italiane ed europee di contenimento e respingimento della migrazione e alla criminalizzazione degli attivisti che, nella progressiva dismissione del soccorso in mare e alle frontiere, si fanno carico dell’assistenza umanitaria.

Dal 2014 al 2019 ho lavorato per il Parlamento europeo come portavoce in Italia dell’eurodeputata Barbara Spinelli (gruppo parlamentare GUE-NGL) occupandomi soprattutto delle tematiche connesse a migrazione, diritti umani e crisi climatica. Grazie a questo incarico ho potuto ispezionare luoghi di trattenimento per migranti come il CIE di Ponte Galeria a Roma e il CPR di Corelli a Milano, e ho organizzato il convegno internazionale Il secolo dei rifugiati ambientali: analisi, proposte, politiche, tenuto nel 2016 al Palazzo Reale di Milano. 

L’associazione Laudato si’ - Un'alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale (di cui sono direttrice) è nata a Milano nel 2015 su sollecitazione di don Virginio Colmegna, ed è formata da credenti e non credenti convinti della portata di cambiamento introdotta dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Ha sede presso la Casa della Carità e ha ricevuto dal Comune di Milano la benemerenza civica Ambrogino d’oro per «aver saputo dare un contributo speciale alla città». Per l’associazione ho curato tutte le pubblicazioni e coordinato attività formative rivolte a scuole, sindacato e società civile. 

Negli ultimi tre anni ho avuto modo di collaborare più strettamente con don Colmegna, che con Casa della Carità si occupa di fragilità e di periferie fisiche ed esistenziali. Insieme abbiamo sviluppato un progetto di scuola popolare di ecologia integrale che avrà sede nel quartiere milanese di Crescenzago, per promuovere sul territorio pratiche di giustizia sociale e giustizia ambientale che mostrino come il “margine” possa divenire luogo di arricchimento e crescita culturale e politica per tutti. [Daniela Padoan]


giovedì 1 settembre 2022

Caro Gorbačëv, scusaci

di Luciana Castellina / da il Manifesto di oggi



L’ho conosciuto «Gorby», così lo chiamavamo. L’ho anche incontrato parecchie volte, naturalmente quando non era più presidente dell’Urss che del resto nemmeno esisteva più. Aveva comunque tante cose da raccontare su cui era facile discutere, perché sebbene sia stato una figura così importante gli piaceva lo scambio e mi chiamava persino Luciana. Merito di questi incontri, Giulietto Chiesa che era stato a lungo corrispondente a Mosca, prima dell’Unità poi della Stampa, che gli era amico e che ha avuto il merito, abbastanza raro, di farcelo conoscere bene, prima e dopo. E che così, nel 1993. divenne il rappresentante della Fondazione Gorbachov in Italia, con sede a Bosco Marengo, provincia di Alessandria, luogo un po’ decentrato come è evidente, visto il disinteresse della nostra capitale.


La Fondazione, che operò in tutta Europa e tuttora esiste in Russia, non aveva grandi mezzi. Fu finanziata da Gorby stesso con i pochi soldi che aveva guadagnato non ricordo più con quale pubblicità [secondo noi, con lo scatto di Annie Leibowitz pe le borse Louis Vuitton, in cui Gorbačëv passa in auto accanto ai resti del muro di Berlino, mentre dal suo borsone spunta un titolo di giornale sull’assassinio per avvelenamento di Alexander Litvinenko, ex membro del KGB, ndr], visto che dopo esser stato defenestrato da Eltsin non gli era rimasto quasi niente, nemmeno più la amata dacia, giusto la sua abitazione di Mosca, dove ha continuato a vivere con l’amatissima Raissa, donna di grande intelligenza e simpatia, fin quando non è prematuramente scomparsa nel 1999.


In questi ultimi mesi, per via della guerra in Ucraina, ho ripensato molto a Gorby e alle conversazioni che avemmo le molte volte che è venuto in Italia grazie a Giulietto, coadiuvato da Popov, ex funzionario dell’Ambasciata in Italia. Con rabbia, per come è stato trattato dalla storia: in patria, dove il suo tentativo di riforma economica e politica del paese si è accompagnato, a differenza della Cina, con una radicale apertura alla democrazia fu, accolto con diffidenza. Fino a diventare uomo impopolarissimo: i russi non gli hanno perdonato di aver «degradato» il paese da grande potenza a entità marginale, per aver rinunciato in fretta alla presenza militare del patto di Varsavia oltre l’Elba, nel tentativo di porre fine alla guerra fredda, mentre la Nato, non solo non faceva altrettanto all’est ma addirittura, allo stesso tempo, avviava un rapido processo di rafforzamento che l’ha portata quasi subito a passare da 12 a 30 stati membri.


La guerra di oggi è colpa di Putin, su questo non ci sono dubbi, ma le sue radici stanno proprio nell’imbroglio che l’Occidente ha perpetrato ai danni di Gorby che aveva sperato nella possibilità, abbattuto il Muro, di costruire un’Europa autonoma dai blocchi, una rete che via via avrebbe dovuto reinserire la grande Russia nel contesto storico di cui, nel bene e nel male, è stata sempre parte.


Vorrei però che in queste ore non fossimo solo presi dal compianto, ma pronti all’autocritica che anche noi, sinistra, dobbiamo farci: perché non solo non siamo stati sufficientemente attenti ai processi che si sono innescati dal 1989 in poi e che hanno via via portato a questa guerra che rischia di coinvolgere il mondo e già si prevede che durerà chissà quanto. Se li avessimo denunciati per tempo, forse avremmo potuto evitare che diventassero terreno di cultura del peggior nazionalismo russo, cavalcato da Putin che ne ha fatto la sua pedana di lancio. Avremmo dovuto soprattutto – e questo era specifico compito nostro, della sinistra – intensificare i rapporti con quella Russia che usciva disorientata dalla sconfitta dell’Urss, moltiplicare le iniziative comuni affinché le nuove generazioni trovassero un supporto da quella parte dell’Occidente che aveva qualcosa da insegnare. Non lo abbiamo fatto, né i sindacati, né le Ong, né i grandi movimenti mondiali no global, né i partiti, né le istituzioni culturali.


Vorrei chiedessimo scusa a Gorbaciov e ci impegnassimo d’ora in avanti a fare quanto è necessario anche in questo drammatico frangente della guerra. La pace non si conquista solo con il dialogo diplomatico, anche con l’egemonia culturale.




martedì 30 agosto 2022

Elezioni politiche 2022: spunti e proposte dell'eco-femminismo in un decalogo per il buon governo

L'ecofemminismo è nell'anima stessa di questo blog; ci uniamo quindi con forza alle eco-femministe che si rivolgono alle donne e agli uomini che disertano il patriarcato con una serie di spunti e proposte che meritano particolare evidenza in questi giorni di campagna elettorale.



Spunti e proposte rivolti, quindi, anche a tutte le formazioni che si presenteranno e che sperano nel voto di tante donne (e anche uomini) che da tempo si astengono perché non si sentono rappresentate.

Intervento e contributo quanto mai prezioso, perché è prioritario ora pensare a un nuovo modo di abitare il mondo e utilizzare le risorse, a nuove regole di convivenza; è l’ora di un cambio di paradigma, richiesto anche dagli obiettivi trasversali dell’Agenda ONU 2030, ratificati dall’Italia e ispirati dalla Piattaforma di Pechino del 1995, ancora vigente, le cui finalità sono riprese nel Piano NGEU e nei PNRR nazionali e soprattutto sono nella nostra stessa Costituzione.

Ora più che mai serve un Parlamento in cui l’esperienza femminista possa contribuire ad una politica capace di rispondere alle esigenze reali, con un governo democratico ed ecologista, attento alle donne e alle giovani generazioni, più che a riprodurre caste e perseguire interessi di lobby. L’eco-femminismo si impegna da decenni a promuovere relazioni eque tra le persone nel rispetto delle differenze, una società della cura, l’abbraccio alla Madre Terra e alle specie che la abitano, e vuole portare l’esperienza delle donne nella politica, vuole orientare voti verso chi sente queste stesse urgenze e promette di contribuire seriamente a dar loro risposta.

 

Ecco in un un decalogo i punti chiave e relativi propositi di buon governo delle eco-femministe:

 

1. La cura come stile politico complessivo e il riconoscimento concreto e formale del lavoro di cura, che venticinque anni fa a Pechino l’Italia si impegnò a conteggiare nel PIL, per ritrovare nelle politiche di spesa pubblica la necessaria e dovuta attenzione alle priorità delle donne e delle famiglie, ovvero dell’intera società nella quotidianità e concretezza dell’esistenza.

Il BES (Benessere equo e sostenibile) va considerato nella sua interezza a integrazione del PIL (Prodotto Interno Lordo) come riferimento per le politiche, perché è il benessere, in tutte le sue forme, a dover essere garantito.

Ne discende la Valutazione di impatto di genere (VIG) dei progetti ex ante ed ex post, la doverosa impostazione di statistiche disaggregate per sesso e la necessità in particolare del punto di vista ecofemminista nelle ricerche e nelle raccolte di dati.

 

2. Il lavoro, che la Costituzione mette a fondamento della Repubblica deve essere garantito a tutte e tutti con adeguata remunerazione e in condizioni che consentano ogni giorno, insieme al tempo per il riposo e per la libertà personale, un tempo per la manutenzione e la cura degli ambienti e delle relazioni, superando il modello sessista della divisione dei compiti.

Va garantito il tempo per figli e figlie ma anche per essere figli e figlie, amici e amiche, persone solidali nei piccoli/grandi collettivi umani dentro i territori in cui viviamo.

Il tempo per la cura di sé, degli affetti, degli ambienti, per lo sviluppo della propria cultura e dei propri talenti deve diventare l’orizzonte in cui ripensare tutto il lavoro anche attraverso l’uso responsabile delle nuove tecnologie soprattutto nell’ambito del digitale.

Nella transizione, legislativa e contrattuale, che muta l’organizzazione sociale, il lavoro gratuito di cura nelle case e nelle famiglie, che i dati evidenziano erogato prevalentemente dalle donne, va considerato da subito nella messa in atto di forme di finanziamento dei servizi anche attraverso dispositivi economici di facilitazione nel rapporto tra bisogni dell’utenza e bilanci delle istituzioni.

 

3. La transizione ecologica e il contrasto alla catastrofe climatica, a cui da tempo le ecofemministe lavorano per garantire la continuità della vita sulla Terra, si attuano con la bonifica dei siti inquinati e delle acque, l’economia circolare, le fonti rinnovabili, il riciclo e il riuso, il trasporto e la mobilità non inquinante, la riduzione drastica di emissioni CO2 e polveri sottili, la messa in sicurezza dei nostri territori sempre più minacciati dagli eventi climatici e dalla mano pesante dell’economia, la promozione dell’agroalimentare sano e dell’etichettatura corretta insieme alla tutela degli animali e all’eliminazione degli allevamenti intensivi.

Siamo impegnate da anni a chiedere la fine dei sussidi al settore petrolifero e ai combustibili fossili, l’eliminazione delle plastiche, lo stop alla cementificazione e all’industria delle armi.

La salvaguardia dei beni pubblici, a cominciare dall’acqua, del paesaggio e degli animali con una seria e programmata politica incentrata sulla manutenzione dell’esistente, la salvaguardia della bellezza e della ricchezza del paesaggio naturale e della biodiversità, del nostro patrimonio storico, artistico, culturale che non solo crea lavoro – soprattutto per donne e giovani (donne e uomini) –, ma qualifica il nostro territorio e la sua capacità di accoglienza, lo rende complessivamente più protetto, più bello, più accessibile e fruibile (Convenzione di Faro).

La cura, la messa in sicurezza, la manutenzione, la protezione del territorio, fermandone il consumo per attività speculative, il contrasto al dissesto idrogeologico sulle coste e nell’interno, la difesa delle spiagge e degli arenili, la riqualificazione urbana a partire dagli edifici pubblici, scolastici e residenziali, un piano di investimento nell’edilizia pubblica agevolata per realizzare il diritto alla casa, la modernizzazione delle infrastrutture di mobilità pubblica ora inefficiente, i collegamenti interni, tra regioni e con gli altri Paesi sono ambiti importanti per la creazione di qualità di vita e di lavoro, di democrazia partecipata.

Vanno fermate le “grandi opere”, inutili per le comunità, invasive per l’ambiente, colpevolmente onerose oltre alle svendite, le privatizzazioni, i tagli ai beni e servizi pubblici.

Va messa in atto una “nuova pedagogia dell’abitare” che, a partire dalla prima infanzia, alimenti relazioni di rispetto e di convivenza con tutti gli esseri viventi nella delicata rete di connessioni che formano l’ecosistema.

 

4. La salute pubblica, non più tutelata da un SSN messo in crisi dalla pandemia, va salvaguardata con servizi territoriali adatti alle nuove esigenze, con un nuovo progetto per i Consultori Familiari, da anni oggetto di depauperamento progressivo, con la diffusione del co-housing (co-abitare), come nuova frontiera dell’abitare collaborativo in luogo delle RSA, con la prevenzione, diffusa sul territorio, delle pandemie e delle malattie da inquinamento, con lo sviluppo delle cure domiciliari che evitino il ricorso frequente alle ospedalizzazioni.

Va assicurato il diritto all'accesso alla sanità pubblica finanziata nella misura sufficiente a garantire in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale il blocco dell'esternalizzazione, l'efficienza tecnologica, il numero adeguato di posti letto e la realizzazione delle attività socio-sanitarie territoriali per la prevenzione, la diagnosi e la cura e per la gestione domiciliare delle malattie cronico degenerative.

 

5. Nascere bene è il primo diritto che società e Stato devono garantire.

Il modello assistenziale di cura alla donna è negativamente impregnato di pregiudizi che ostacolano il cambiamento culturale verso scelte consapevoli e autonome in tema di salute femminile riproduttiva e sessuale. Nel rapporto dell’assemblea generale delle Nazioni Unite del 2019 la violenza ostetrica è stata riconosciuta come una violenza dei diritti umani di salute riproduttiva che scaturisce da pregiudizi e stereotipi sulla maternità e sul ruolo della donna.

In Italia la violenza ostetrica non è reato, mentre la medicina e le cure per le donne non sono ancora regolarmente praticate. La salute sessuale e riproduttiva e le scelte connesse devono essere rispettate e garantite dal momento della nascita fino alla menopausa. Contraccezione, aborto ed esami ed eco in gravidanza devono essere realmente a disposizione gratis nei Consultori. Il personale sanitario tutto sia formato alla medicina di genere.

Nascere bene è una questione di libera scelta della madre che incide anche sulla vita futura di chi nasce. Va affrontata la piena attuazione della Legge 194 anche attraverso normative che consentano solo a personale infermieristico e medico non obiettore di partecipare ai concorsi pubblici.

Va assicurata la possibilità di adozione per persone singole e coppie di fatto, indipendentemente dal sesso e dall’orientamento sessuale, fatte salve semplicemente le condizioni di idoneità genitoriale.

 

6. La violenza sulle donne non è disgiunta dalla violenza sull’ambiente; l’uomo ha infatti concepito la donna e la natura come “a sua disposizione”. Ora che le donne affermano e praticano con più determinazione la loro soggettività, femminicidi e altri crimini sessuali si intensificano.

Condanniamo ogni forma di mercificazione del corpo femminile.

Chiediamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza maschile sulle donne e la violenza domestica anche nel rispetto dei richiami del GREVIO.

Trattandosi di un fenomeno culturale è necessaria la formazione e informazione di operatori ed operatrici insieme a:

sospensione della potestà genitoriale per chi agisce violenza; braccialetto elettronico; allontanamento immediato dalla dimora che va preservata per la donna;

lavoro costante per abolire il fenomeno della prostituzione, con conseguente difesa della Legge 75/1958 (Legge Merlin); introduzione del modello nordico che prevede punibilità dei clienti e sostegno alle donne per uscire dal sistema prostituente;

abrogazione della Legge 54/2006 sulla bigenitorialità imposta, per la quale centinaia di minori sono stati strappati da madri che hanno denunciato il padre per violenze e abusi sessuali;

formazione e informazione, insieme ad attenzione costante delle istituzioni, per impedire l’utilizzo in forme subdole della PAS, o sindrome di alienazione genitoriale, (già dichiarata inesistente sul piano scientifico) nei tribunali, a danno delle donne e dei figli/e.

E’ l’ora anche di aiutare e risarcire le donne vittime delle mafie e di maggiori investimenti e maggiore diffusione del protocollo “liberi di scegliere” che permette alle madri, mogli di boss mafiosi, di strappare se stesse ed i loro figli ad un destino già scritto.

 

7. Una nuova politica sull’immigrazione per fermare le morti dei migranti e delle migranti in mare, sui confini europei e nei lager libici, gli stupri e le violenze sulle donne “bottino di guerre”: è un tema urgente. Non è più tollerabile una narrazione delle migrazioni come invasioni e come problema di sicurezza. Le leggi, le normative e i Memorandum che attualmente regolamentano l’immigrazione devono essere modificate in base ad una politica umana e civile che salvaguardi le vite, in accordo con l’UE, abolendone alcuni, come gli accordi con la Libia e i decreti vigenti.

E’ l’ora di promuovere realtà virtuose di accoglienza e inclusione sociale e lavorativa dove i/le migranti possano vivere in armonia e crescere con le comunità che li accolgono. Vanno riviste regole e criteri per l’acquisizione della cittadinanza con forme di automatismo per chi nasce in Italia.

 

8. Riforme e investimenti per la Scuola Pubblica, per uscire da un modello patriarcale di gerarchia imposta e di competizione nella consapevolezza che le future cittadine e i futuri cittadini hanno il diritto di ricevere la migliore educazione in luoghi adeguati e con un ordinamento scolastico che rispetti ed attui le indicazioni nazionali e le linee guida esistenti che puntano ad una cittadinanza consapevole, attiva e perciò responsabile lungo tutto l’arco della vita non sono più procrastinabili. L’educazione al pensiero critico ed un uso responsabile delle tecnologie e dei social media si rivela fondamentale inoltre per contrastare atteggiamenti di omologazione, bullismo, violenza e sviluppare la cittadinanza digitale consapevole.

 

9. Fisco

Vanno attuate con determinazione

la lotta all’evasione fiscale e le riforme che ne riducano la possibilità concreta

la riforma fiscale per un’equa e progressiva distribuzione del prelievo sui redditi come previsto dalla Costituzione

la tassazione sui grandi patrimoni e lavoro per accordi internazionali contro le fughe di capitali nei paradisi fiscali

il recupero dei finanziamenti accordati ad aziende che hanno delocalizzato l’attività in altri Stati con la finalità di aumento dei profitti e sfruttamento di lavoratori e lavoratrici.

10. Spese militari

Siamo nonviolente e da sempre vogliamo che la guerra esca dalla Storia. Il dialogo, basato sul confronto e sul rispetto reciproco alla base delle relazioni etiche e femministe deve essere strumento di pace nei conflitti anche e soprattutto armati. In questa direzione va la richiesta di un sistema di difesa europeo.

Occorre un piano di riduzione degli investimenti sugli armamenti e per la riconversione delle aziende produttrici insieme a una riqualificazione dell’esercito come forza di gestione nonviolenta dei conflitti.